Il concerto con Fabrizio Bosso nel giardino di Palazzo Venezia “The Champ to Dizzy” ha fatto
il SOLD OUT.
Ospite fisso di Umbriajazz e del Festival di Sanremo, Bosso si è esibito con l’Orchestra di Paolo Silvestri, che ha anche arrangiato i brani di Dizzy Gillespie, il più grande trombettista della musica bebop. Il jazzista, che ama le piccole formazioni, ha voluto come nel precedente omaggio per Duke Ellington un’orchestra, perché Dizzy militò in molte orchestre che fecero la storia del jazz: Cab Calloway, Lionel Hampton, Earl Hines, Billy Eckstine e quelle che portarono il suo nome.
Per dare più sonorità e dimensione corale ai fiati, che sostenevano la tromba solista di Bosso, il direttore d’orchestra Silvestri ha voluto aggiungere al suo organico anche altri voci metalliche, una decina, oltre alla ritmica di contrabbasso (Jacopo Ferrazza) batteria (Nicola Angelucci) e l’elemento melodico del piano (Julian Olivier Mazzariello).
Il concerto è iniziato con una mezz’ora di ritardo, dopodiché non si è più fermato: un’ora e mezza senza intervallo più il bis, nonostante i musicisti fossero stravolti dal caldo e dagli arrangiamenti complessi, come ha sottolineato lo stesso Bosso alla fine, quando il pubblico ha martellato con i piedi (“Vi ringrazio per l’affetto, suoneremmo ancora tanto, ma gli strumenti e noi siamo piuttosto provati… chiudiamo con il pezzo con cui abbiamo aperto: A night in Tunisia”). Un concerto jazz che fa il sold out è sempre una buona notizia. I musicisti emergenti spesso lamentano che lo spazio sia concesso sempre agli stessi nomi, vero, ma bisogna dire che Fabrizio Bosso è qualcosa di incredibile. La sua prima qualità, oltre alla tecnica, è la trasparenza con cui comunica le sue emozioni al pubblico. Questo arrangiamento dei brani è stato rischioso, tra cambi e dinamiche frenetiche, a un passo dal solito jazz sofisticato, che “soffoca” le melodie con troppe note, ma qui serviva a Bosso per entrare come una lama. Il trombettista infatti sporca i suoni, tira lunghi acuti e suoni sottili, con 0,1% di fiato, ferma i vuoti e slancia le note con interminabili scale. Per dirla breve, Bosso gioca con il limite del suo strumento, a volte dando l’illusione di sentire un elefante barrire o miagolare un micio.
E il pubblico è rapito…!
Lavinia Marnetto