La mostra “Botero” porta a Roma tele e sculture dell’artista colombiano, al Complesso del Vittoriano fino al 27 agosto. Un artista a tutto tondo, rimasto sempre fedele a sé stesso e a “quanto i suoi occhi hanno visto durante la sua adolescenza”. Una personale che celebra gli 85 anni di vita e riassume più di 50 anni di lavoro. Protagoniste 50 opere tra pitture e sculture, dalla prima opera esposta nel 1959, all’ultimo lavoro, realizzato nel 2016. Il racconto non segue un senso cronologico, ma ci guida e ci “circonda” con un percorso tematico. 

Botero in mostra a Roma

La mostra “Botero”, una personale dal titolo semplice ma potente, è al Complesso del Vittoriano di Roma fino alla fine di agosto. Si tratta di un viaggio tematico tra 50 anni di opere dell’artista colombiano, che segue un andamento non cronologico.

Ad accogliere il pubblico fuori dall’ingresso della mostra, e visibile ai passanti, c’è il Cavallo con le briglie. Si tratta di una gigantesca scultura in bronzo alta più di tre metri, perfetto esempio della plasticità volumetrica di Fernando Botero. Alla presentazione della mostra, l’artista colombiano era presente insieme alla figlia, intento a girare per le sale come un semplice visitatore. E a concedere selfie.

La mostra nasce dall’incontro tra l’artista e il presidente di MondoMostreSkira, organizzatrice dell’evento. Incontro avvenuto a Lugano, durante una sua mostra, curata anche allora da Rudy Chiappini. Gruppo Arthemisia è l’altra azienda organizzatrice.

Durante la conferenza stampa di apertura, Botero aveva parlato delle sue opere e della sua vita, umana e artistica. E questo è il senso della mostra. Ne era emerso il ritratto di un uomo amante dell’Italia, Firenze soprattutto, e di un cittadino colombiano preoccupato per il suo paese. Un grande artista ma anche un uomo simile a tanti altri.

Fernando Botero l’artista

Ci sono dei punti fermi nella vita e nell’opera di Fernando Botero. Innanzitutto la sua terra, la Colombia, nonostante sia apolide. «Si ritrova nella mia pittura – dice – un mondo che ho conosciuto quando ero molto giovane, nella mia terra. Si tratta di una specie di nostalgia e io ne ho fatto l’aspetto centrale del mio lavoro». Botero nasce a Medellin, seconda città colombiana, il 19 aprile del 1932: ha compiuto da poco 85 anni, molti dei quali vissuti lontano dalla sua patria.

Poi lo stile. Nei suoi quadri e nelle sue sculture troviamo sempre figure abbondanti, soprattutto femminili, e volumi accentuati e dilatati: per suscitare piacere allo sguardo, compito dell’arte. Un artista dalla cifra stilistica ben riconoscibile rimasto fedele e coerente come un viaggiatore con la stella polare, senza farsi guidare da altri astri, come la Pop Art o l’arte concettuale.

Infine il suo sguardo: distaccato, non si abbandona mai ad un reale giudizio, non sembra voler indagare la dimensione morale e psicologica dei soggetti: sembra quasi che osservino senza guardare, con gli occhi non battono, lo sguardo fisso nel vuoto. Le sue figure non esprimono patos, sembrano estranee ai sentimenti di gioia o dolore, nella loro ovvia quotidianità come ne Le Sorelle.

Il quadro Le Sorelle di Botero

Il percorso tematico della mostra “Botero”: le sezioni

La mostra non segue un percorso cronologico, ma tematico, in 8 sezioni.

Si parte dalla sezione dedicata alle Sculture, anticipata dall’enorme cavallo in bronzo ospitato nello spazio antistante il museo, e completata dai volumi plastici della Donna sdraiata o de I ballerini.

Segue l’omaggio fatto da Botero agli antichi maestri, che si traduce nelle tele dedicate a Velázquez, Piero della Francesca, Rubens. E Raffaello, con La Fornarina, che diventa una delicata donna dalle forme sensuali.
La sua non vuole essere imitazione, ma il dar vita e forme a immagini che ambiscono a una loro autonomia, per far rivivere lo spirito di dipinti celeberrimi.

Le nature morte hanno primaria importanza nell’opera di Botero. Nelle sue realizzazioni che ricordano le composizioni di Francisco de Zurbarán o di Paul Cézanne, vediamo degli oggetti inanimati ai quali l’artista cerca comunque di conferire un’immagine autentica, soprattutto attraverso l’uso del colore.

La sezione dedicata alla religione è un delicato universo di figure dolci e soavi da contemplare estaticamente. Così per il Cardinale addormentato o  per la Passeggiata in collina – dove un monsignore che recita il rosario si muove nel verde «con la gonfia leggerezza di una nuvola e con la maestosa compostezza che l’abito impone».

La vita politica e latino-americana secondo Botero 

Si passa poi alla sezione politica. Qui emerge un Botero che descrive militari, ministri, presidenti e ambasciatori in assenza di giudizio, o almeno senza farlo trapelare. Ne Il Presidente e i suoi ministri a colpirci sono le divise coloratissime dei generali e lo sfarzo barocco degli ambienti. E poi c’è il bellissimo dittico con Il Presidente e La First Lady, del 1989.

Arriva poi il momento della nostalgia con la sezione dedicata alla vita latino-americana. Paesaggi incantati, personaggi e azioni che giungono direttamente dal mondo che l’artista ha conosciuto in gioventù e a cui è rimasto indissolubilmente legato e che prendono spunto dall’arte coloniale, ma anche l’arte precolombiana, con le sue forme, e quella popolare.
Un esempio su tutti: Gli innamorati del Picnic, abbandonati sul prato con il loro aspetto placido e trasognato.

Il percorso termina con le sezioni dedicate ai Nudi e al Circo, definito da Botero “un soggetto bellissimo e senza tempo”. I colori, i movimenti, i gesti che ritraggono i circensi nella loro routine quotidiana fatta di fatiche e momenti conviviali, trovano in Pierrot, nel Contorsionista, ne I Musici il loro risultato migliore.

Questa la sintesi del percorso, delle tele e delle sculture boteriane.

Ma, come spesso accade, non tutto è come sembra. Vi lasciamo dunque con le parole del curatore della mostra, Rudy Chiappini

«Se a prima vista a colpirci è l’inconfondibilità del suo stile, occorre immaginare che al di là della perfezione e dell’eleganza di un linguaggio sempre misurato sta l’inquietudine di una vita trascorsa, la pienezza di una partecipazione sentimentale mai gridata, ma non per questo meno intensa».

Vedere per credere.

Fabrizio Pino e Federica Macchia