L’abolizione del Canone Rai è il pomo della discordia del centrosinistra. O almeno del Pd. La sola ipotesi ha provocato la reazione al vetriolo del ministro Calenda, contrario. E la contro-reazione del Pd che gli dice di non non aiutare Berlusconi.
È sul canone Rai che si gioca il primo scontro dell’attuale campagna elettorale targata centrosinistra. C’è chi vorrebbe inserirlo tra i tagli che il Pd prometterà ai suoi elettori, inserendolo nel programma. Come Orfini e Michele Anzaldi, che optano per la soluzione radicale: stop al canone e drastica riduzione degli sprechi. O come Matteo Renzi, almeno stando a quanto ha anticipato Repubblica.
E poi c’è un altro fronte. Fatto di una linea più soft e progressiva. Oltre che di risposte a caldo piuttosto veementi. Innanzitutto quella del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, che comment così l’ipotesi di abolire il canone Rai: “Sarebbe solo una presa in giro”. Lo scrive su twitter. La risposta del Pd è dura e arriva dal sottosegretario Antonello Giacomelli, che rivendica i risultati raggiunti e parla di “discussione aperta” sul futuro. Contrario anche il sindacato Usigrai, che parla invece di “attacco” alla Rai.
A dibattito ormai infiammato interviene Matteo Renzi, irritato dalla ruvidezza dell’uscita di Calenda, ma anche possibilista. Che parla di un cambiamento progressivo con, alla base, l’idea di sostituire il canone con risorse della fiscalità generale e compensarne la cancellazione con un innalzamento dei tetti della raccolta pubblicitaria. Idea da qualche tempo oggetto di valutazione da parte del Pd. Un discorso difficile, che ha già provocato un bel battibecco interno tra la tesi di Anzaldi e quella di Calenda. Vediamole.
Canone Rai: la versione di Calenda e quella di Anzaldi
Come abbiamo visto, per il ministro Calenda abolire il Canone Rai è una presa in giro. Per il parlamentare dem Anzaldi, invece, uno spreco da “risparmio immediato di 500 mila euro per i cittadini”. Come lo stop all’Imu. Il ministro delle Infrastrutture presenta i suoi argomenti. Innanzitutto il governo Renzi ha messo il canone in bolletta e ora “non può promettere il contrario”. Secondo poi, lui punterebbe piuttosto sulla privatizzazione della Rai. Invece di “ricadere su promesse stravaganti a tutti su tutto”.
Ma perché tutto questo battibeccare sul canone Rai? Non può essere solo per il tono dei tweet del ministro Calenda. Che pure va considerato come fuoco amico in piena campagna elettorale. Sarà forse anche per quei rumors (Ansa parla di un alto dirigente Dem) che vogliono un Calenda sensibile alle istanze di Berlusconi? L’ormai ex cavaliere che non vuole abolire il canone perché il simultaneo aumento dei tetti pubblicitari danneggerebbe Mediaset. Dunque l’abolizione del canone sarebbe anche un messaggio per allontanare dal Nazareno l’ombra di larghe intese con il Cavaliere.
Dunque, rispondere al fuoco amico di Calenda è anche un modo di far quadrato attorno alla causa del Pd. E allora si capisce anche la risposta di Giacomelli, che nel ministero guidato da Calenda ha la delega alle Comunicazioni. E però attacca il suo ministro, dicendo:
“È contraddittorio difendere l’italianità di infrastrutture strategiche e poi teorizzare la privatizzazione della Rai che finirebbe in mani non italiane”
Al termine di queste polemiche di giornata, Calenda resta sulle sue posizioni e il Pd si prepara ad intensificare il lavoro sulle candidature. Secondo voi, quante possibilità ci sono che il ministro delle Infrastrutture sia tra i candidati?
Federica Macchia