Canto XXIII, Dante e Virgilio nell’inferno degli Ipocriti

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Di Redazione Metropolitan

Il canto XXIII dell’inferno, è caratterizzato da un’apparente stato di calma e lentezza. Lasciati infatti Dante e Virgilio in fuga dalla zuffa dei Malebranche, li ritroviamo ancora sull’argine della V Bolgia.Camminano soli e in silenzio, simili a due frati minori. Catapultati poi nella VI Bolgia dell’ottavo cerchio, trovano “gli ipocriti”, dannati costretti a camminare lentissimamente perché costretti da cappe di piombo dorate all’esterno; del tutto simili alle tonache dei monaci cluniacensi. Gli ipocriti, infatti, secondo l’etimologia della parola, attestata intorno al trecento,  “ypo e crisis”, sono coloro che sotto un’apparenza dorata celano tutt’altro.

Fuga di Dante e Virgilio nella VI Bolgia

Dante e Virgilio camminano in silenzio lungo l’argine della V Bolgia, dove è in corso la zuffa dei demoni. Mentre Dante pensa alla favola della rana e del Topo, il pensiero di Virgilio è rivolto ancora ai demoni. Questi, infatti, inferociti per l’inganno subito, potrebbero lanciarsi al loro inseguimento. A questo punto Dante manifesta il timore, come scaturito dalla mente del maestro, che i malebranche possano essere alle loro calcagna. Virgilio, compiaciuto della sua capacità di leggere dentro il discepolo come fosse uno specchio, non ha il tempo di manifestare il medesimo timore, che scorge i diavoli volanti già pronti ad acciuffarli.

E’ allora che con una splendida metafora, Dante, ci racconta di come il suo maestro con prontezza di spirito, lo afferri come una madre afferra il figlioletto e lo porta fuori da una casa in fiamme.  Virgilio, infatti, stringendo al petto il discepolo come un padre amorevole, si cala lungo il pendio che porta alla VI Bolgia, giungendo presto sul fondo; in barba ai Malebranche che non possono oltrepassare il confine a loro destinato.

Caltalano e Loderingo

Dante e Virgilio fra gli Ipocriti-immagine web
Dante e Virgilio fra gli Ipocriti-immagine web

Mentre Dante invita Virgilio ad osservare i dannati per vedere se riesce a riconoscerne qualcuno, Virgilio lo esorta a rallentare ulteriormente il passo, per cercare di allinearsi a loro che sotto quelle pesanti cappe procedono con enorme sforzo e dolore. Fra questi, due dei dannati invitano i poeti a raggiungerli, poiché vedendoli privi di cappe vogliono capire se sono vivi o morti. Sono Catalano e Loderingo, entrambi frati Gaudenti, chiamati da BolognaFirenze per mettere pace fra Guelfi e Ghibellini, impresa nella quale fallirono miseramente.I risultati della loro doppiezza sono ancora visibili nei pressi del Gardingo,dove un tempo sorgevano le dimore degli Uberti, poi rase al suolo.

Caifas e le menzogne del diavolo

Caifas canto XXIII-immagine web
Caifas canto XXIII-immagine web

Dante sta per rivolgere la parola ai due dannati, quando il suo sguardo si ferma su un peccatore crocifisso a terra per mezzo di tre pali. Quando il dannato lo vede inizia a storcersi tutto e a soffiare tra i peli della barba. Catalano, gli spiega che si tratta del gran sacerdote Caifas, il quale suggerì ai Farisei di suppliziare e uccidere Cristo; spiega inoltre che questi è inchiodato a terra, di traverso alla via della Bolgia, in modo tale da essere calpestato dal passaggio di tutti i dannati. Infine, rivela che nessun ponte scavalca la sesta bolgia. Malacoda ha dunque mentito. Virgilio, crucciato, si allontana a gran passi, seguito dal discepolo.

Cristina Di Maggio

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