Stesa sulle rive tirreniche siciliane, la cittadina di Capo d’Orlando è la perla marittima (e non solo) della provincia di Messina. Nella stagione avversa una moltitudine di locali (bar e ristoranti), negozi di ogni tipo per lo shopping ed il cineteatro ‘Rosso di SanSecondo‘ allietano turisti e cittadini che popolano le sue vie; dalla primavera in poi, però, Capo D’Orlando sfodera il suo completo e conturbante fascino: il mare. Una distesa d’acqua cristallina, infatti, riflette sul bellissimo ed ampio lungomare, i raggi solari creando giochi di luci emozionanti e paesaggistici. Il mare s’infrange sulla spiaggia punteggiata dai diversi ciottoli che compongono la sua irregolare superficie, la presenza delle palme, rialzate rispetto al bagnasciuga, illude per lunghi attimi di essere sdraiati in una spiaggia esotica, magari caraibica e l’orizzonte confonde mare e cielo mostrando le sagome (spesso nitidissime) delle Isole Eolie. L’espressione più alta del mare orlandino si mostra nella contrada di S. Gregorio, autentica bellezza di un litorale ricolmo di meraviglie: gli scogli dalla caratteristica forma, il colpo d’occhio verde dei Nebrodi intorno, le barche dei pescatori ormeggiate sulla battigia e le placide acque, fanno di questo luogo la meta adatta per rilassare tutti i sensi, una perla più piccola nell’enorme gemma preziosa chiamata Capo d’Orlando.

Un rapporto indissolubile quello fra gli orlandini ed il mare: il turismo della cittadina esplode nella stagione estiva portando flotte di persone da ogni parte del mondo, le pescherie ricevono il materiale ittico dai pescatori di zona ed i lavori per il nuovo, stupendo porto (inaugurazione prevista per quest’estate) regaleranno alla cittadina nuova, mai sopita, notorietà. La fotografia più bella che puoi scattare a Capo d’Orlando è al tramonto: i pescatori disegnano traiettorie ipnotiche in aria con le loro canne, il rumore delle onde che ritmicamente assaltano gli scogli, il mare diviene una tranquilla distesa di lava infuocata mentre un enorme arancia rossa troneggia spavalda sul suo giogo. Foto spettacolari, atmosfera incantevole. Esiste, però, un posto nella cittadina irto di storia, un luogo dove poter ammirare paesaggi mozzafiato (alba e crepuscolo soprattutto) ed ascoltare l’assolo dei suoni della natura eliminando lo stonato coro di macchine e clacson. La civiltà messa da parte, anzi sotto i piedi da un monte che impera guardingo e protettivo sull’agglomerato urbano: il famoso Monte della Madonna.

IL MONTE DELLA MADONNA

Proteso sul Tirreno ed alto 100 metri, il monte giganteggia sulla cittadina marittima mostrando il suo inconfondibile profilo; è il simbolo (con il Faro sottostante) di Capo d’Orlando. Dalla sua sommità offre panorami impagabili sulla baia di San Gregorio, Capo Calavà vicino Gioiosa Marea, la costa ponentina fino alla rinomata Cefalù e mostra il velato profilo delle famose Isole Eolie. Il monte sprigiona odori intensi e fragranze tipiche della macchia mediterranea: il mirto, la nepitella, il finocchio, il cappero, l’acanto, il rosmarino, l’olivastro, l’artemisia ed il lentisco ricoprono l’arida roccia diventando il festoso vestito dell’altura. Sulla sua sommità, lo ‘scalatore’ s’imbatte nei resti del castello e nel santuario dedicato a Maria Santissima. I rinvenimenti venuti alla luce sul monte, dimostrano in modo inequivocabile l’antichissima storia di questo luogo: la più antica frequentazione del sito, infatti, risale all’età del bronzo e si è mantenuta per tutta l’antichità ed il Medioevo giungendo fino ai nostri giorni. Agatirso, città fondata dalla prole di Eolo durante la guerra di Troia secondo la mitologia, si è sviluppata quasi certamente nei pressi del promontorio.

Il Monte della Madonna ed il suo splendido panorama
IL CASTELLO

La leggenda ci narra che fu Carlo Magno a costruirlo per onorare il paladino Orlando. In origine, la sua pianta occupava tutto il pianoro sommitale; fu innalzato probabilmente nel XIII secolo su fondamenta più antiche. Chiamato castrum nel 1296, la costruzione vide la battaglia combattuta nelle acque sottostanti (datata 1299) dai fratelli Aragona per il dominio della Sicilia, un trono soltanto era troppo piccolo per due egemoni ambiziosi. Alla fine del ‘300, il castello fu utilizzato come fortino da Bartolomeo Aragona che vi si asserragliò nel tentativo di resistere alla restaurazione dell’autorità monarchica di re Martino; il maniero fu assediato e distrutto da Bernardo Cabrera. Del castello, ormai in rovina, rimase soltanto una torre utilizzata (XVI e XVII) per l’avvistamento dei pirati barbareschi. Da Smith sappiamo che la costruzione era ben armata, munita di quattro cannoni. Nel 1598 S. Cono (secondo la leggenda) lasciò la statuetta della Madonna ai guardiani. Grazie ad una stampa di Willem Schellinks (1613), si è scoperta l’esistenza di varie costruzioni sulla sommità del monte; Vito Amico racconta che nel 1750, il castello divenne anche osteria, chiesa ed approdo. Ne divenne proprietario prima Giovanni Antonio Sandoval (una delle famiglie spagnole più potenti), poi Bernardo Joppolo Ventimiglia Fardella nel 1811. Agli inizi del XIX secolo, frane e movimenti tellurici interessarono il monte; i piccoli cataclismi naturali coincisero con l’arrivo dei frati Cappuccini della diocesi di Patti. L’importante storia del monte, spinse i numerosi interventi di restauro: dal 1981 al 1984 vennero consolidate le fondazioni, nel 1994 si restaurarono i resti del castello ed ultimamente è stato ristrutturato il Santuario.

I resti del castello di Capo d’Orlando
IL SANTUARIO

Eretto nel 1600 dal conte Girolamo Joppolo di Naso, fu dedicato a S. Cono nel 1846. Oggi il Santuario porta il nome di SS. Maria, patrona della cittadina di Capo d’Orlando. La chiesa è meta di pellegrinaggi, il luogo sacro si raggiunge percorrendo una ripida scalinata intervallata dalle stazioni della Via Crucis tra spiazzi pianeggianti con panchine; il percorso viene utilizzato anche durante la processione, il giorno di festa per gli orlandini. La struttura poggia su rocce di arenaria creando un ipnotico miraggio: ad un osservatore lontano, infatti, la costruzione appare sospesa in aria, sembra come se una volontà divina voglia sorreggere il peso dell’edificio. Al suo interno, il Santuario ospita due celeberrimi dipinti di Gaspare Camarda: ‘L’adorazione dei pastori’ e ‘Il Crocefisso tra due monaci oranti’. Il giorno 11 dicembre 1925, precisamente di notte, venne trafugato dal Santuario il prezioso simulacro della Madonna; l’anno successivo è stata realizzata una copia in argento della sacra effige che ancora oggi è ospitata nella chiesa.

La Madonna portata in processione

La leggenda, invece, ci racconta che giovedì 22 ottobre 1598 il conte Joppolo ed i fratelli Raffa sentirono dei rumori provenire dallo spiazzale antistante. Affacciatisi, con grande incredulità, videro un pellegrino che senza proferire parola si appropriò di una buccina (uno strumento a fiato simile alle moderne trombe) utilizzata per lanciare l’allarme in caso d’avvistamento nemico, in questo caso dei pirati. Generando l’ira dei Raffa, il misterioso uomo cominciò a suonare lo strumento incurante dei nobili richiami. Ad un certo punto smise, lasciò a terra un sacchetto e fuggì velocemente senza lasciare spiegazioni. Quando Antonio Raffa tirò fuori il contenuto del sacchetto, lo stupore s’impossessò dei presenti: un minuscolo simulacro (alto non più di un palmo) della Madonna era contenuto in una scatoletta di legno posta a protezione del manufatto. Dal materiale ignoto e dalle sembianze della Madonna miracolosa di Trapani, la raffigurazione di Maria stringeva amorevolmente fra le braccia il bambino Gesù. La cassetta di legno era adornata da due sportellini interni che recavano le effigie dell’arcangelo Michele e S.Francesco da Paola. I presenti non ebbero dubbi: il pellegrino in realtà era S. Cono Navacita, da loro adorato e venerato.

S. Cono porta la sacra effige, la statua si trova ai piedi del monte

Venuto a conoscenza dell’incredibile fatto, Antonino Piccolo (allora prefetto di Capo d’Orlando) chiesa la grazia alla Madonna, i figli erano gravemente malati di vaiolo. Dopo la supplica, animata da fede incrollabile, i figli di Piccolo guarirono prodigiosamente. Ecco il primo miracolo della Madonna ai suoi amati figli di Capo d’Orlando. La statuina fu portata a Naso; durante l’assenza dell’effige, sulla cittadina orlandina si scagliò uno sciame sismico (non violento) che convinse i suoi abitanti, impauriti anche dalla minaccia dei pirati, a riportarla a casa. Il vescovo Francesco Velardi della Conca ordinò, allora, al conte Girolamo Joppolo di erigere una chiesa sulla sommità della collina, nello stesso luogo dell’apparizione di S. Cono. Un anno dopo (esattamente il 22 ottobre 1600), finirono i lavori e la nuova chiesa poté ospitare degnamente la statuetta della Madonna. Molti autori del tempo, raccontano della maestosa processione (quasi 20.000 persone) che portò il simulacro da Naso al Santuario di Capo d’Orlando: persone accorse da tutta la Sicilia e dalla Calabria, trecento soldati in uniforme ed alte cariche ecclesiastiche, percorsero il tragitto fra archi di foglie, altarini e spari d’archibugi vari.

Il Santuario sulla sommità del monte

S’istituì quel giorno, una solenne festa animata da mercati e fiere. Ancora oggi, Capo D’Orlando ricorda quel giorno con mercati, feste e riti religiosi. Un angolo solenne, affascinante e misterioso: non venite solo per il mare, Capo d’Orlando vi offre la sua antica storia, le sue tradizioni e la maestosità di un tempo ormai passato. Un luogo magico d’altronde, capace di specchiarsi nell’immensità di un mare protetto dall’amorevole supervisione della Madonna.

ANDREA MARI

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