La Giorgio Armani Operation posta in amministrazione giudiziaria per caporalato: l’inchiesta dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone e dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro (Nil). L’inchiesta

L’azienda Giorgio Armani Operation commissariata per caporalato

Giorgio Armani Operation caporalato

Caporalato in opifici cinesi in Lombardia: l’inchiesta dei pm Paolo Storiari e Luisa Baima Bollone e dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro colpisce la Giorgio Armani Operation. La società si occupa di progettazione e produzione di abbigliamento e accessori all’interno del gruppo Armani. Al centro dell’indagine c’è un presunto sfruttamento del lavoro, attraverso l’uso di appalti per la produzione di opifici abusivi e il ricorso a manodopera cinese in nero oltre che clandestina. In una nota si spiega come i carabinieri abbiano ritenuto l’azienda:

” Incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo” .

E, in seguito, come la Giorgio Armani Operation non abbia messo in atto misure utili alla verifica delle reali condizioni lavorative. Nella nota, a tal proposito, si legge:

”Non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato”.

Gli accertamenti sono iniziati a Dicembre 2023, e si sono concentrati sulla modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di moda. Dalle indagini è emerso come le quattro fabbriche controllate siano risultate irregolari; il corpo speciale dei carabinieri del Nil ha identificato 29 lavoratori. Fra questi, 12 lavoravano in nero e 9 clandestini. I militari hanno poi riscontrato come la lavorazione dei prodotti di lusso avvenisse in condizione di sfruttamento e come negli opifici vi fossero violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

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