La legge sull’ aborto è un traguardo storico epocale. Perché allora non riusciamo, in quanto donne, a goderne?
A più di quarant’anni dall’approvazione della 194, la legge ha mostrato non solo i moltissimi problemi legati alla sua mancata applicazione e per cui l’Italia è stata più volte richiamata dalle istituzioni europee, ma anche i limiti che dipendono direttamente da quello che contiene.
Il Consiglio D’Europa e la situazione Italiana sul tema dell’Aborto
Il Consiglio D’Europa afferma infatti al riguardo che l’Italia viola il diritto alla salute delle donne, pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil. Non solo. Secondo il Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale alla quale aderiscono 47 Stati, il cui scopo è promuovere la democrazia e i diritti dell’uomo) l’Italia discrimina medici e personale medico che non hanno optato per l’obiezione di coscienza in materia di aborto. È la seconda volta che il comitato arriva alla conclusione che l’Italia non sta rispettando quanto stabilito dalla legge 194. A rendere problematico l’accesso all’aborto, secondo Strasburgo, sono tra l’altro una diminuzione sul territorio nazionale del numero di strutture dove si può abortire e la mancata sostituzione del personale medico che garantisce il servizio quando un operatore è malato, in vacanza o va in pensione. Il comitato ha rilevato che:
«Le strutture sanitarie non hanno ancora adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze nel servizio causate dal personale che invoca il diritto all’obiezione di coscienza, o hanno adottato misure inadeguate».
Consiglio D’Europa
E non solo. Secondo il comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa,
«la Cgil ha fornito un ampio numero di prove che dimostrano come il personale medico non obiettore affronti svantaggi diretti e indiretti, in termini di carico di lavoro, distribuzione degli incarichi, opportunità di carriera. Il Governo non ha fornito virtualmente nessuna prova che contraddica quanto sostenuto dal sindacato e non ha dimostrato che la discriminazione non sia diffusa».
Consiglio D’Europa
Cara Giorgia Meloni, lasciaci abortire!
La 194 stabilisce dei limiti all’obiezione di coscienza:
- Prevede che lo status di obiettore riguardi esclusivamente la pratica, ma niente che sia tecnicamente precedente o successivo alla pratica stessa, come ad esempio la consegna del documento che attesti lo stato di gravidanza e la volontà della donna di interromperla (documento che è necessario per l’aborto ma che non coincide con la pratica abortiva. )
- Stabilisce che l’attestazione necessaria per accedere all’IVG possa essere rilasciata da un «medico del consultorio, della struttura socio-sanitaria» o da un «medico di fiducia»
- Sostiene che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute «in ogni caso ad assicurare» che l’IVG si possa svolgere. Stabilisce dunque che l’obiezione debba riguardare il singolo medico e non l’intera struttura.
Questi limiti non vengono rispettati. Marina Toschi, ginecologa che fa parte del direttivo dell’European Society of Contraception and Reproductive Health e che è membro di Pro-Choice, Rete italiana contraccezione aborto, spiega che «un medico obiettore non solo potrebbe fare l’attestato per l’IVG: sarebbe obbligato a farlo», ma questo non avviene. La legge, poi, non dice che il certificato deve essere necessariamente rilasciato da un ginecologo, ma da qualsiasi medico, compreso il medico di base: «E invece, non solo sono pochi i medici di famiglia che sono disposti a fare il certificato per l’IVG, sono anche pochi quelli che sanno di poterlo fare perché durante la loro formazione spesso questa possibilità non viene nemmeno esplicitata».
Articolo di Maria Paola Pizzonia
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