Ripristinate sulla carta di identità le diciture “padre” e “madre” al posto del più generico “genitori”. In Gazzetta ufficiale il decreto voluto dal Ministro dell’interno.

È stato firmato, in data 31 gennaio 2019, il decreto recante “Modifiche al decreto del Ministro dell’interno in data 23 dicembre 2015”, il quale, per l’appunto, introduceva la dicitura “genitore 1” e “genitore 2”. La normativa prevede la sostituzione dei termini con “padre” e “madre”, esplicito richiamo al sesso e al ruolo genitoriale, che inevitabilmente escluderà i genitori dello stesso sesso.

Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale,e quindi è entrato in vigore, ieri 4 Aprile 2019. A renderlo noto è stato il Viminale. Oltre alla firma del Ministro dell’interno, Matteo Salvini, il decreto ministeriale reca le firme della Pubblica amministrazione (Giulia Bongiorno) e dell’Economia (Giovanni Tria).

Solo pochi giorni dopo il Congresso mondiale delle famiglie tenutosi a Verona, questa modifica segue, senza troppi indugi, quella linea politica in difesa della “famiglia tradizionale” tanto cara al vicepremier e al Ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana.

Già lo scorso Novembre, il ministro dell’interno, Matteo Salvini, aveva proposto il reintegro della specifica per le due figure genitoriali nelle carte di identità formato elettronico per i minorenni, ma l’iniziativa era stata bocciata dall’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dal Garante per la privacy e dagli esponenti alleati del Movimento 5 stelle.

Ma già allora il Garante per la privacy, Antonello Soro, aveva riscontrato una serie di criticità, specie nei casi di adozione, di trascrizione di atti di nascita formati all’estero o di riconoscimento di una adozione all’estero tra persone dello stesso sesso.

Anche adesso le risposte non hanno tardato ad arrivare: ‹‹Un provvedimento anacronistico, colmo di tronfia ignoranza e destinato a mandare in tilt la pubblica amministrazione e i tribunali››: così risponde Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay.

Stando alle fonti, sarebbero in arrivo una pioggia di ricorsi e proteste, a partire dalla Cgil fino alla Regione Piemonte che si è offerta di pagare i procedimenti delle coppie. Scelta inaccettabile anche per la sindaca di Torino, Chiara Appendino, da sempre apripista nella lotta per i diritti delle famiglie Arcobaleno.

Tweet della sindaca di Torino, Chiara Appendino, in risposta alle sollecitazioni di Torino Pride
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