“Casco d’oro”: la più bella storia d’amore mai vista al cinema

Foto dell'autore

Di Federica De Candia

“Uno dei migliori film francesi di tutti i tempi”. Coltelli, lame affilate, ghigliottine. La pellicola in bianco e nero fa rilucere gli appuntiti pugnali. Tutto si può per amore, c’è il vizio e il malaffare nella Parigi di fine Ottocento. La storia di una prostituta bellissima e del suo amante diventa uno dei più bei film di Jacques Becker. In versione restaurata “Casco d’oro” dal 7 Novembre al cinema: basta un ballo a far scoccare la scintilla ‘dell’amour fou’.

Sulle note di Yves Montand

“Casco d’oro”, Trailer da Youtube

È amore tra Georges e Marie, conosciuta col nome di Casco d’oro per i suoi fluenti capelli biondi. Il film del 1952, è un noir nell’ambiente della malavita, raffinato e incantato, tra le note che palpitano di “Le temps des cerises” di Yves Montand. “Ciliegie d’amore in abito identico, Che cadono sulla foglia come gocce di sangue… Amerò sempre il tempo delle ciliegie“, canta la canzone popolare francese nei bassifondi umidi e malsani della città. Marie (Simone Signoret) è contesa da due uomini. Ha un losco protettore a cui è legata Roland il Bello (William Sabatier), che la maltratta, e una domenica, dopo una gita in barca, in una sala da ballo all’aperto lungo la Senna, l’amico Raymond (Raymond Bussières) le presenta Georges Manda(Serge Reggiani) un falegname che sta montando il palco per l’orchestra, con cui ha condiviso cinque anni in prigione. Baffetti e ghigno, adesso lui riga dritto, con il suo lavoro da bottega, ed è promesso sposo alla figlia del principale. Si tiene lontano dalle cattive amicizie. Ma il passato ritorna sempre.

Raymond e Roland fanno parte di una banda di criminali occultata dietro un commercio di vini, capeggiata da Felix Leca(Claude Dauphin), ammanicato con un ispettore di polizia e da sempre attratto da Marie. L’uomo che lei ama ammazza l’altro e finisce alla ghigliottina. Manda si fa arrestare per difendere un amico ingiustamente accusato da Leca. Quando però scopre che Leca approfitta del suo imprigionamento per ottenere Marie, fugge dal carcere e lo uccide. In un esterno notte prima dell’alba, è condannato a morte, e Marie, una Simone Signoret che non fu mai così bella, assiste straziata all’esecuzione dell’amato. Da una finestra guarderà la discesa della ghigliottina.

La ballata di uno chansonnier

Un film che fu rivalutato in seguito, e non alla sua uscita negli anni ’50, quando incontrò l’indifferenza della critica e del pubblico, e fu ignorato al Festival di Cannes. Becker venne attaccato sulle pagine dei “Cahiers du cinéma“, e il suo film definito “incomprensibile, ridotto a una storia di puttane“. Ispirato alla prostituta parigina realmente esistita, Amélie Hélie, la cui vicenda proveniva dalle cronache popolari. Il gigante del cinema Becker dopo “Casco d’oro“, gira “Grisbì” (1953) e “Il buco” (1960), il suo ultimo film dopo la sua esperienza in carcere. Tutti film personali, ma il suo primo capolavoro, sembra dare visione alla letteratura francese dei grandi come Hugo, Balzac, Stendhal e Alexandre Dumas. Richiamando la pittura di Renoir.

Un dramma che si consuma a colpi di amore e serramanico. La belle epoque, le illustrazioni popolari, gli eleganti criminali, delinquenti chiamati “apaches”, sono il contorno folgorante. Il fumo risalta nella fotografia bianco e nera di Robert Le Febvre, e avvolge i café-chantant, e le taverne nei bassifondi dove si mescola l’alcool all’anice. E in riva alla Senna, tra le spumose bianche onde, assaporando vino e orchestrina, si leva un canto d’amore e di morte. Non c’è facile sentimentalismo per il regista, né ironia scontata. “Casco d’oro” è una ballata, una “chanson de geste” alla francese; un dramma cupo, dove a rischiarare è la fiamma viva dell’amore, e la lucentezza del Casque d’or.

Federica De Candia Seguici su Google News