All’indomani del giorno tanto atteso per le sorti dell’indipendenza della Catalogna, facciamo il punto sulle richieste di Puigdemont alla Spagna. Attraverso 10 frasi-chiave del discorso del presidente della Generalitat al Parlament di Barcellona. Che resta sospeso tra sfida e dialogo, tra dichiarazione di indipendenza e accordo con Madrid.
Il presidente catalano Carles Puigdemont foto: REUTERS/Albert GeaNella sede del parlamento di Barcellona, il presidente della Generalitat Carles Puigdemont pronuncia il suo discorso, che dovrebbe mettere fine alle 48 ore più difficili della Catalogna. Quei due giorni in cui il mondo, Europa in testa, è rimasto lì a chiedersi: dichiarerà l’indipendenza? Giorni in cui abbiamo visto manifestare le due facce della medaglia catalana. Gli indipendentisti e i pro “Spagna unita”, che abbiamo visto sfilare alla marcia unionista anche per chiedere a lui e a Rajoy di riaprire il dialogo.
Catalogna: il futuro è ancora incerto
La svolta, o una decisione definitiva, per il momento non c’è stata. E nemmeno l’apertura di un vero dialogo, a dirla tutta. Ieri pomeriggio Puigdemont parla. Per dire “Sì all’indipendenza” ma anche per proporre di “sospenderla per qualche tempo per procedere con negoziati”, senza nominare direttamente Madrid. Più delle parole parlano i fatti. E i fatti ci dicono che, nella tarda serata di ieri il presidente catalano sottoscrive con la sua firma un testo, votato da 72 parlamentari catalani (gli indipendentisti di Junts pel Sì e Cup) su 120. Il testo auspica la creazione di “una Repubblica Catalana quale Stato indipendente e sovrano”. Ma prevede anche “l’apertura di un negoziato con lo Stato spagnolo per definire un sistema di collaborazione per il beneficio di entrambe le parti”.
Dunque, si rimane sospesi tra possibilità di dialogo e rottura tra il governo di Barcellona e quello di Madrid. E nel campo delle ipotesi. Nel discorso i ieri, in ogni caso, Puigdemont ha pronunciato delle frasi e delle parole chiavi per il futuro della Catalogna.
Il discorso di Puigdemont al Parlament
Il discorso pronunciato ieri da Carles Puigdemont arriva con un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto. Indizio che ci sono tensioni e preoccupazioni che agitano il Parlament e il governo di Barcellona. Il presidente parla di momento critico, nel quale c’è “forte necessità di non alimentare la tensione”, ma in cui “dobbiamo essere tutti qui ad assumerci le nostre responsabilità”.
Carles Puigdemont presidente della Catalogna credits: LLUIS GENE/AFP/Getty ImagesRicorda che “Il primo ottobre in Catalogna si è celebrato un referendum per l’autodeterminazione in condizioni estreme, in mezzo ad attacchi a gente che era in coda per deporre la scheda nell’urna”. E poi si assume “il mandato del popolo perché la Catalogna si converta in uno Stato indipendente in forma di repubblica”.
Parla del rapporto tra Catalogna e Spagna come di una relazione che non va più. Lo dimostra il voto dei catalani del 1 ottobre. E se non funziona deve cambiare forma. Ma senza golpe e senza violenza. Questo sembra dire Puigdemont tra le righe del suo discorso: la Catalogna vuole l’indipendenza, ma la vuole senza scontri. Con il beneplacito del governo di Madrid: un compromesso, in modo che non venga considerato un colpo di stato, ma una separazione consensuale.
La risposta di Madrid al discorso di Puigdemont
Carles Puigdemont alla ricerca di dialogo e compromesso per raggiungere l’indipendenza senza scontri. Questa sembra essere la richiesta del presidente catalano al governo di Madrid.
“Vi chiedo uno sforzo per conoscere e riconoscere ciò che ci ha portato fino a qui. Non siamo delinquenti, non siamo folli, non siamo sovversivi né golpisti. Siamo gente normale che vuole esprimersi”
E Rajoy che dice? Secondo El Pais, il dialogo auspicato col governo centrale non inizia bene. Appena finito il discorso, il suo governo ha fatto sapere di considerare le parole di Puidgemont “una inammissibile dichiarazione di secessione“. Aggiungendo che “non cederemo al ricatto” e di essere pronto a darne adeguata risposta.
La leader d’opposizione catalana parla di “Golpe annunciato”. Per il governo centrale è una “implicita dichiarazione di secessione”. Dove penderà infine la bilancia? Dialogo o muro contro muro?
Federica Macchia