La Catalogna ha votato. E questo è un fatto inconfutabile, anche se diversamente interpretabile. I numeri parlano del 42% di affluenza e del 90% di sì per l’indipendenza. Ma quanto vale davvero questo voto?  E da qui dove si va? Quali sono i prossimi passi della Generalitat e del suo presidente? E quale la risposta del governo spagnolo? In ogni caso sarà una prima volta.

Una manifestazione per l’indipendenza della Catalogna credits: liberopensiero.eu

Domenica 1 ottobre, in Catalogna, il 42% degli aventi diritto,  ha espresso il suo voto sull’indipendenza della regione spagnola. La cronaca della giornata del voto l’abbiamo ancora molto vivida davanti agli occhi. Scontri, feriti, il voto che parte in ritardo a causa del collegamento internet interrotto. Eppure, alla fine, si è votato lo stesso. Ieri sera, poco dopo le 22.30 di ieri sera,  il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, si è presentato di fronte alle telecamere nella sede della Generalitat, il governo catalano, per commentare l’esito del referendum. Il 90% di chi si è presentato ai seggi ha espresso la volontà di staccarsi dal Regno di Spagna. Il governo di Madrid continua a sostenere che “non c’è stato nessun referendum”, perché considera illegale e incostituzionale la consultazione.

Il presidente catalano ha detto che vuole applicare il risultato del referendum. Quindi chiederà al Parlamento di approvare la dichiarazione unilaterale di indipendenza, nonostante l’opposizione della Spagna. E poi? Vediamo le possibilità sul piatto di Puigdemont. E di Rajoy. 

Catalogna: il destino della regione ribelle visto dai catalani

Il presidente Puigdemont ha fatto un discorso breve. Ha ribadito le accuse di violenza verso lo stato spagnolo per le azioni compiute dalla Polizia nazionale ai seggi elettorali. Sono state ferite centinaia di persone spagnole dalla polizia della Spagna. Un’azione di certo non edificante e tanto meno giuste. Puigdemont ha lanciato anche un appello all’Unione Europea, che «non può continuare a guardare dall’altra parte». Appello accolto: mercoledì la Catalogna sarà oggetto di dibattito nel Parlamento UE.

E ha poi promesso che applicherà il risultato del referendum. Queste le parole esatte:

«Noi cittadini della Catalogna ci siamo guadagnati il diritto ad avere uno stato indipendente che si costituisca nella forma di una Repubblica».

Ma davvero è possibile? E come funziona questo passaggio? Intanto Puigdemont, presumibilmente mercoledì o giovedì, presenterà al Parlamento catalano una dichiarazione d’indipendenza. A quel punto il Parlamento catalano potrebbe decidere di appoggiare Puigdemont e proclamare unilateralmente l’indipendenza. Risposta non scontata, anche se i partiti indipendentisti sono la maggioranza.

Il Confidencial oggi ha scritto: «L’1 ottobre ha provocato una profonda frattura istituzionale e un’enorme divisione dentro e fuori dalla Catalogna, e avvicina all’abisso la politica spagnola. Oggi probabilmente comincia una fase nuova e incerta per la democrazia costituzionale che iniziò nel 1978». La stessa testata oggi esprime bene l’incertezza della situazione e titola: “Puigdemont chiede la mediazione però dichiara l’indipendenza”

La reazione e la legge del governo di Madrid al piano catalano

Nella vicenda del referendum per l’Indipendenza della Catalogna ci sono da sempre due fronti. Uno è il governo catalano, che chiede a gran voce di diventare una Repubblica autonoma. E di staccarsi dal Regno di Spagna. Dall’altra parte c’è il governo di Madrid, quello previsto dalla costituzione del 1978. Queste due parti si comportano come le forze in fisica: ad ogni azione di una corrisponde una reazione dell’altra

Carles Puigdemont presidente della Catalogna credits: LLUIS GENE/AFP/Getty Images

Ieri Puigdemont ha esposto quello che potrebbe essere il “piano catalano“: come primo passo, potrebbe ricorrere alla “Legge del referendum”. Approvata dal Parlamento catalano il 6 settembre scorso, questa legge parla chiaro. In caso di vittoria del Sì le autorità catalane sarebbero state vincolate a dichiarare unilateralmente l’indipendenza della Catalogna. A quel punto la parola passa a Madrid.

Ma per il Governo spagnolo la citata Legge del referendum, non è valida e già dichiarata anticostituzionale. Perché è stata votata dal Parlamento catalano senza l’iter richiesto. È mancata la maggioranza dei due terzi richiesta per la modifica dello Statuto di Autonomia della Catalogna. È mancato il parere preventivo del Consell de Garanties Estatutàries, il Tribunale Costituzionale della Catalogna.

Si dibatte anche sulle irregolarità nel voto di ieri: come per esempio persone che hanno votato più volte. E poi, bisogna capire come leggere i dati usciti dal referendum. L’affluenza è stata alta, nonostante le difficoltà in cui si è votato: seggi non completamente aperti, lunghe file per i problemi al sistema informatico. Oltre alla paura per l’arrivo della Polizia nazionale, responsabile di cariche e violenze sulle persone ai seggi. Ma più della metà degli elettori non si è espressa. Ed è quella che viene indicata come la maggioranza silenziosa, contraria all’indipendenza.

Catalogna vs Spagna?

Ci sono state azioni sbagliate e illegali da entrambe le parti. Ora bisogna trovare il dialogo. Ma non sarà facile: tra governo spagnolo e quello catalano non c’è accordo. Su cosa è legale e cosa no, sulla legittimità del voto di ieri. L’unica chance potrebbe arrivare dal Parlamento catalano. Se, nonostante la  maggioranza indipendentista, i deputati preferissero una soluzione negoziata con Madrid si può evitare un atto unilaterale della Catalogna. In caso di defezioni di questo genere, la linea di Puigdemont potrebbe perdere e prevalere invece quella dei favorevoli al dialogo.

Rajoy, il premier spagnolo credits: Voi di città

Se il Parlamento catalano decidesse però di appoggiare la richiesta di Puigdemont e dichiarare l’indipendenza sarà ancora scontro. E senza una strada già tracciata. Perché non solo in Spagna, ma anche per l’UE non ci sono precedenti simili.

Federica Macchia