Barcellona ed il resto della Catalogna sono invase da proteste. Candele in mano per protestare contro l’arresto dei due “Jordi” della Società civile, accusati di sedizione dalla Spagna.
Intanto, allo scadere dell’ultimatum di Rajoy, Puigdemont non sembra voler cedere. Si prospetta tragica frattura.
Photo credit: euronews.comUn’ immensa folla di persone è scesa in piazza, ieri, a Barcellona e in altre città catalane, per protestare e per pretendere la liberazione immediata di Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, due agenti della Società Civile, arrestati, sotto la decisione di una giudice spagnola, con accusa di sedizione.
Ben 200 mila persone hanno popolato la piazza di Barcellona, secondo valutazioni della polizia urbana e decine di migliaia in tutte le restanti piazze catalane.
Forti reazioni sono state scatenate, inoltre, dall’arresto dei presidenti di Anc e Omnium, le organizzazioni che hanno firmato le manifestazioni oceaniche per l’indipendenza della festa nazionale della Diada negli ultimi cinque anni: “Caceroladas” di protesta hanno invaso la Catalogna.
“Ci sono detenuti politici in Spagna, di nuovo. E’ una vergogna democratica” – dichiara il presidente Puigdemont.
Ritorno al franchismo?
Almeno questo è i pensiero degli indipendentisti.
Intanto il repubblicano Gabriel Rufian accusa – “La Spagna è la nuova Turchia”. Con l’eco del capogruppo della coalizione di Puigdemont Luis Corominas – “”La Spagna non è una democrazia” e del leader di Podemos Pablo Iglesias – “provo forte vergogna”.
Nel frattempo, uno sciopero generale vene proposto da la Cup, l’ala sinistra e più intransigente del fronte secessionista.
La Spagna respinge le accuse:
“Non sono detenuti politici, sono politici detenuti” dichiara fermamente il ministro della Giustizia spagnolo Rafael Català.
Gli Indipendentisti però non sembrano facilmente convincibili, nemmeno con le parole del prefetto in Catalogna Enric Millo che “non condanna le loro idee ma solamente le loro azioni”.
‘Llibertat!’ hanno gridato gli spagnoli davanti luoghi di lavoro, ospedali e municipio. Ciò è accaduto a mezzogiorno, mentre la Catalogna era ferma al risuono delle sirene dei pompieri, immobile, unanime, a chiedere la liberazione dei due.
Nella notte, poi, centinaia di catalani, con candele accese in mano, hanno risposto all’appello di Anc e Omnium, popolando le piazze di Barcellona, Girona, Reus, Tarragona, Figueres, e molte altre.
“I due Jordy sono i primi politici indipendentisti finiti in manette, ma nessuno esclude ce ne siano altri”, questo è il pensiero dell’opinione politica catalana.
Il ‘President’ deve smentire di avere dichiarato l’indipendenza, o scatterà l’articolo 155 della Costituzione, che consentirà a Madrid di prendere il controllo delle competenze del ‘Govern’, destituire presidente e ministri, e convocare elezioni anticipate – parole di Rajoy, che giovedì porrà fine all’ultimatum offerta alla catalogna.
“La risposta di Rajoy sarà la stessa di lunedì’” dichiara il portavoce di Puigdemont, Bordi Turull.
L’unica offerta del presidente catalano sarà il dialogo senza condizioni, per due mesi, offerta che è stata respinta da subito dal presidente spagnolo.
Dal fronte indipendentista: Pressioni su Puigdemont affinché proclami la Repubblica se sarà attivata la legge 155.
Quali saranno le conseguenze?
Gli effetti saranno tragici per entrambe le parti. Si prospetta Una frattura difficilmente risanabile, quella tra Spagna e Catalogna.
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Martina Onorati