Il futuro della Catalogna “ribelle” sembra sempre più incerto e imprevedibile. All’indomani delle elezioni imposte dal governo spagnolo, la maggioranza degli elettori conferma la volontà indipendentista. Al di là delle previsioni di Madrid e dei sondaggi. Ma si conferma pure il muro contro muro tra Carles Puidgemont e il premier spagnolo Mariano Rajoy. E ora? Si farà l’incontro “senza condizioni” proposto da Puigdemont a Rajoy? Proviamo ad azzardare delle ipotesi.

I protagonisti del caso Catalogna: Puigdemont e Rajoy credits: LaVanguardia.com

La Catalogna quest’anno ha fatto il pieno di attenzione mediatica. Grazie o per colpa (ognuno ha il suo punto di vista) del referendum indipendentista di ottobre. Un voto che ha fatto tanto clamore ma che non ha ancora portato a nulla di concreto. Un referendum definito e bollato come illegale dal governo di Madrid che, da parte di sua, ha sulla coscienza un comportamento non proprio corretto nei confronti dei cittadini catalani. Ma ormai siamo oltre e, per provare a capire in quale direzione andrà la Catalogna, occorre fare il punto. Partendo da un altro voto: le elezioni per eleggere il nuovo Parlament catalano.

Le elezioni in Catalogna: i risultati

Il 21 dicembre la Catalogna è tornata al voto. Per eleggere una nuova Generalitat e un nuovo President dopo che quelli esistenti sono stati sciolti a seguito del referendum di ottobre, definito illegale dal governo spagnolo. Le previsioni di Madrid e i sondaggi parlavano di un’attenuazione della voglia di indipendentismo da parte degli elettori catalani. E invece i sondaggi si sono rivelati inesatti

Il voto in Catalogna ha confermato la voglia di autonomia e la maggioranza indipendentista. JUNTSxCat, Erc-CatSì e Cup, le tre forze indipendentiste che già governavano il Parlament catalano uscente, hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, 70 su 135. Non hanno però ottenuto la maggioranza dei voti, arrivando al 47,5 per cento.

I risultati delle elezioni della Catalogna di dicembre 2017 credits: Repubblica.it

ll primo partito, però, è il centrista unionista di Ciudadanos con 37 seggi. A dimostrazione che una qualche attenuazione dei voti pro indipendencia c’è stata. Dietro di lui, a quota 34, l’indipendentista Junts per Catalunya dell’ex presidente Carles Puigdemont, fuggito in Belgio e ora candidato presidente “in esilio volontario”. Un Puigdemont che ha commentato così il risultato delle consultazioni del 21 dicembre: “La Repubblica catalana ha battuto la monarchia sull’articolo 155”. E anche: “Rajoy è stato sconfitto”. Ora servono una “rettifica”, una “riparazione” e la “restituzione della democrazia”.

In realtà anche questo voto sembrerebbe non aver risolto la questione, ma solo confermato nuovamente la volontà dei catalani, la carica di Puigdemont e le altre posizioni. Da quella della UE, che ha fatto sapere che resterà salda nel non accettare la Catalogna come stato indipendente, al premier Rajoy. Intanto Puigdemont passerà il Natale a Bruxelles, dove si trova da mesi, per evitare la minaccia di arresto da parte di Madrid. E nei prossimi giorni deve decidere se e quando tornare.

L’incontro tra Puigdemont e Rajoy si farà?

Per risolvere questa impasse che dura ormai da ottobre, occorre una svolta. Che sia il cedere di una delle parti o il trovare un compromesso. Certo la Catalogna continuerà ad avere un futuro incerto fino a quando sia il candidato President del campo indipendentista che Rajoy prometteranno dialogo e collaborazione per restare fermi ognuno sulle sue richieste e le sue posizioni.

Qualcosa in questo senso potrebbe venir fuori dall’incontro chiesto da Puigdemont al premier spagnolo. Un incontro “senza condizioni e fuori dalla Spagna” per il catalano. Ma anche qui continua il muro contro muro. Con Rajoy che vuole “parlare con la persona che avrà la presidenza della Generalità” e quindi non prima di “ritirare il mandato di deputato, essere eletto presidente ed essere in condizione di parlare con me”. Tutte cose che Puigdemont al momento non può fare. Se mette piede in territorio spagnolo sarà arrestato.

Rajoy, il premier spagnolo credits: Voi di città

In realtà il premier di Spagna vorrebbe incontrare invece Ines Arrimadas, leader unionista catalana di Ciudadanos, primo partito in quanto a voti, ma privo dell’appoggio in parlamento di una maggioranza. La situazione resta dunque molto complessa, anche perché, attualmente, il 12% dei nuovi deputati catalani è incriminato dalla giustizia spagnola per aver portato avanti il progetto politico dell’indipendenza. Tre deputati inoltre, fra cui il vicepresident Junqueras, sono in carcere, e tre ‘in esilio’ con Puigdemont. Ed entro il 23 gennaio il nuovo Parlament deve costituirsi.

Catalogna: e se la svolta arrivasse dal giudice?

Cosa potrebbe sbloccare questo stallo? Forse il giudice Pablo Llarena, che ai primi di gennaio deve decidere se scarcerare Junqueras e gli altri “detenuti politici” e sospendere il mandato di cattura contro Puigdemont e i deputati in esilio. Se succederà, non sarà a stretto giro. C’è la pausa natalizia, e il Pp di Rajoy deve digerire il tracollo storico della sua lista in Catalogna, vampirizzata da Ciudadanos.

Le due grandi formazioni indipendentiste, JxCat e Erc, hanno già iniziato a preparare la formazione del nuovo governo. Che vogliono la più rapida possibile. Rajoy ha confermato oggi che quando ci sarà un nuovo President, disattiverà l’articolo 155. E restituirà alla Catalogna l’autonomia delle sue istituzioni. Una buona ragione per molti catalani per non perdere tempo.

Federica Macchia