Fedele ad un’unica espressione, penetrante, animalesca e fatale. “Non parliamo più nemmeno di bellezza quando si parla di attori, il termine è cambiato. Cerchiamo “facce” , “facce emozionanti” , “corpi singolari”. La bellezza è una cosa del passato”. A dirlo è proprio lei, Catherine Deneuve. Creatura dall’ammaliante passato, non troppo lontano, che la vedeva al fianco di un giovanotto con un onda di capelli in fronte, proveniente da Fontana Liri. Un ciociaro destinato al successo mondiale: Marcello Mastroianni.

Si conobbero sul set del film “La cagna” del 1972, di Marco Ferreri. Una pellicola scottante, in cui lei diventa ‘l’animale da compagnia’ di lui. Legata all’uomo da un rapporto sadomaso su un’isoletta sperduta. “Un vigliacco“. Con un pizzico di amara gelosia, lo definì così, spudoratamente, Catherine. Perché il suo amante Marcello, non lasciò mai ufficialmente la moglie Flora, sposata dal 1950. Lei, l’affascinante sfinge del cinema francese, corteggiata da registi come Polanski e Truffaut, lui il mito della “Dolce vita” il grande sex symbol di tutti i tempi. Un vaso, pare, abbia rischiato di ricevere addosso Marcello quando disse a Flora che ‘la sua’ Catherine Deneuve era incinta. La moglie, si legge in un’intervista, aveva già preso la mira, si fermò soltanto in principio del lancio, quando gli chiese: ”È maschio?”. I due aspettavano una femmina.

Catherine Deneuve, mille e una

Per me Bella di giorno rappresenta un po’ il simbolo della figura femminile; forse per questo ha avuto successo. È il fantasma di tante donne, e anche di molti uomini, sulla sessualità. Si dice molto e si vede molto poco; dunque è più facile identificarsi”.In Bella di giorno” del 1967 di Luis Bunuel, è Severine: moglie borghese che chiede di lavorare in una casa di appuntamenti. Diventando la prostituta ‘Belle de jour‘, la più richiesta. Tra fantasie e traumi psicologici, tra lussuria e sensi di colpa, il volto di Catherine Deneuve inizia ad essere indimenticabile. Una delle migliori interpretazione tutti i tempi, si dirà. Con quell’abito disegnato per lei da Yves Saint Laurent, così pulito, rispetto al tema scabroso. Un tubino nero con colletto e polsini di satin bianco a contrasto. Quei contrasti che sono bellezza ambigua.

“Sei così bella che amarti è una sofferenza. – Ieri dicevi che era una gioia. – Una gioia e una sofferenza”. Lei era Julie, la divina dipendenza chiamata “droga”, del maestro Francois Truffaut. Catherine e Jean-Paul Belmondo, sono complici e sconvolti dalla passione (almeno lui), in “La mia droga si chiama Julie”. Dove lei è la sposa per corrispondenza, attraverso un’inserzione su un giornale. Joe Cocker la volle protagonista del video della sua canzone N’Oubliez Jamais. Appagando e interessando anche un pubblico più giovanile, che della diva del passato conserva ricordi romanzeschi e fuliginosi.

Marcello, come here..

A Cannes risplende sulla Croisette, bionda indomabile e sofisticata, ma con Marcello, 20 anni di differenza, la ricordiamo più bella che mai. “È stato il mio grande amore”. Dice ancora oggi Catherine Deneuve. Alla cena di Roman Polanski, nel 1970, la prima volta che si videro, non c’era stato nessun colpo di fulmine. Lei, 27 anni, soffriva per la fine della storia con Truffaut, lui, 46, pensava al suo amore finito con Faye Dunaway. Fu forse sul set di Tempo d’amore di Nadine Trintignant, dove i personaggi del film conservano i loro stessi nomi, che diventarono inseparabili. Ma entrambi, vicini, come erano, con quel fascino di uomo d’altri tempi e l’altera leggiadria della donna elegante e anticonformista, sono l’immagine profondamente vera della bellezza.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema. Seguici