Il 12 novembre sarà nelle sale “Il cattivo poeta” di Gianluca Jodice con Sergio Castellitto (Gabriele D’Annunzio), prodotto da 01 Distribution. Con Francesco Patanè, Tommaso Ragno, Fausto Russo Alesi, Massimiliano Rossi, Clotilde Courau, Elena Bucci, Lidiya Liberman, Janina Rudenska, Lino Musella. Gli ultimi anni di vita del poeta, raccontati in un film.
Nel 1936, Giovanni Comini è stato appena promosso federale, il più giovane che l’Italia possa vantare. Ha scelto così il suo mentore, Achille Starace, segretario del Partito Fascista e numero due del regime. Comini viene convocato a Roma per una missione delicata: dovrà sorvegliare Gabriele D’Annunzio e metterlo nella condizione di non nuocere. Perché il Vate, poeta nazionale, negli ultimi tempi appare contrariato, e Mussolini teme possa danneggiare la sua imminente alleanza con la Germania di Hitler.
Ma al Vittoriale, tale nome è riferito alla casa di D’Annunzio, il disegno politico di cui Comini è solo esecutore, inizierà a perdere i suoi solidi contorni. E, il giovane federale, diviso tra la fedeltà al Partito e la fascinazione per il poeta, finirà per mettere in serio pericolo la sua lanciata carriera.
Cattivo poeta, bontà loro
Il film, è prodotto da Matteo Rovere e Andrea Paris, una coproduzione italo francese insieme a Rai Cinema. Ripercorre le vicende del Vate, tra i misteri, gli eccessi della sua vita, e il tramonto di una nazione intera alle soglie della seconda guerra mondiale. Amato e odiato, osannato e mortificato, eternamente in bilico tra riprovazione e compiacimento, fu l’autore italiano più discusso del Decadentismo. Ma figura poco raccontata nel nostro cinema.
Detto Vate, perché portatore di verità assolute; Il veggente di sensazioni arcane e invisibili. Lui che vive con orgoglio la propria, eccezionale, sensibilità estetica. Rifiutando i principi morali in nome dell’esasperato culto dell’arte e del piacere. Un peccato originale, il suo, pulito, lindo. Fatto di merletti, di minuzie decorative, di agi, di raffinatezze, di appuntamenti con il suo the. Un intellettuale creatore, con l’arte del buon gusto nelle vene. Dalle doti incredibili, prima di tutte, o forse susseguente, chi può dirlo, quella letteraria.

D’Annunzio, versi “dal petto, leggeri e pronti”
La sensibilità de “La pioggia nel pineto“: “Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane”. E le donne, con le innumerevoli grazie, a fargli compagnia. Ma incapaci di colmare la solitudine di fondo della sua vita. “Un uomo solo anche in mezzo la folla”. In una Roma “decadente”, disillusa e stanca, dove egli, lasciandosi alle spalle gli scenari aristocratici splendidi e corrotti, si sente un’anima eletta.
Come quel Jep, di sorrentiana memoria, che al caos, all’apice dell’inutilità della vita, si immerge in riflessioni quasi filosofiche. Meritevole anche di non essere citato letterariamente, ma, il personaggio, rinchiuso nella “solitudine”, è pur sempre una “grande bellezza” del cinema accattivante. Un “superuomo”, con un contorto mondo interiore.

Poeta, amante, cattivo solo nel titolo
Istrionico l’amore di D’Annunzio con la Duse. Ma grazie a quelle dediche, ai gesti eclatanti, a quelle “fonti” di passione, oggi leggiamo delle liriche. Che non hanno il sapore di lettere, di celeri carteggi affrancati, là dove non esisteva ancora il suono tronco e isterico di un WhatsApp. Ma odi, al ritmo della prosa. Forme latineggianti, espressioni eleganti in grado di agire anche a livello fonico. Un’abilità consumata di D’Annunzio. Là dove, non è censura, è pura poesia per le orecchie. E, viceversa, dove il divieto incombe, il trasalimento ringrazierà la poesia.
“All’ideale che non ha tramonti, alla bellezza che non sa dolori!”. Una dedica promettente, la prefazione de “Il Piacere“, un brindisi figurativo, a cui ci uniamo tutti in attesa dell’uscita del film.
Federica De Candia per MMI e Metropolitan cinema