A cosa serve il certificato di verginità?

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Di Redazione Metropolitan

Il certificato di verginità attesa appunto la verginità della donna, comprovata dall’esame del suo imene. In Francia viene richiesto molto raramente, per esempio alla vigilia di un matrimonio religioso dalla famiglia di lei o da quella di lui (o, anche, dal futuro sposo stesso). Secondo gli esperti, comunque, non ha alcun valore scientifico perché l’imene si può lacerare anche senza che la donna abbia mai avuto rapporti. Può capitare facendo sport o usando assorbenti interni.

In Francia, ormai da diversi anni, si discute sull’abolizione o meno del certificato di verginità, un documento che comprova l’assenza di rapporti sessuali nella vita di una donna attraverso l’esame del suo imene. I ginecologi, che si occupano di redigere questo certificato, sono fortemente contrari alla sua cancellazione e hanno spiegato il motivo.

Certificato di verginità in Francia, perché il governo vuole abolirlo

Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, alcuni mesi fa ha annunciato la volontà di eliminare il certificato di verginità. In questi giorni ha rilanciato, spiegando di voler preparare un disegno di legge entro la fine dell’anno che non solo la metta al bando, ma preveda anche sanzioni penali per chi continuerà a farla. Il ministro ha citato i valori della Repubblica e della laicità per convincere i più ostili.

Certificato di verginità in Francia, perché i ginecologi non vogliono che venga abolito

Dall’altra parte ci sono i medici, che invece si appellano al giuramento di Ippocrate e alla necessità di proteggere i pazienti. Il giorno dopo l’annuncio di Darmanin, infatti, hanno firmato un editoriale su Libération spiegando perché una misura del genere rischia di ritorcersi contro le donne che vorrebbe proteggere.

Secondo loro, infatti, si tratta sì di una “pratica barbara, retrograda e sessista e in un mondo ideale bisognerebbe rifiutarsi di rilasciare un documento del genere”, ma nel mondo reale “penalizzare la redazione di questi certificati è un controsenso. Siamo medici e ci rifacciamo prima di tutto all’etica medica”.