Charles Bukowski, un nome, una garanzia.

La sua letteratura per quanto realistica è un’evasione per il lettore.

Don’t try” l’epitaffio sulla tomba di Charles Bukowski è un paradigma.

Qualcuno in uno di questi posti…mi chiese: Cosa fai? Come scrivi, come crei? Non lo fai, gli dissi. Non provi. E’ molto importante: non provare, nè per le Cadillac, nè per la creazione o per l’immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un pò. E’ come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico“.

Bukowski rimane uno degli autori più letti nel nostro secolo, se non altro da noi plebei. Il fatto che non si apprezzato dalla critica letteraria ha ben poco da essere preso in considerazione, un romanzo è pur sempre un’evasione dalla realtà.

Il suo “realismo sporco” trasporta in un’immaginazione per alcuni versi priva di fondamento ma mentre lo si legge scappa un sorriso, un’accettazione della sua scrittura, un collegamento tra noi e lui. Come se alcuni pensieri mai detti li dicesse lui per noi.

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Donne, alcool e scrittura, questo era Bukowski.

Nasce in Germania nel 1920 e si trasferisce negli States pochi anni dopo. In “Panino al prosciutto” descrive la sua infanzia, il rapporto con i genitori, con i compagni di scuola, con le ragazze. Li dipinge con estrema misantropia, come la durezza di quegli anni lo temprarono fino a farlo diventare un “vero duro“. Fu colpito da un’aspra acne durante la sua giovinezza; nello stesso libro ci sono alcuni passi in cui descrive alcune scazzottate in cui i pugni colpendo i brufoli dilagavano in laghi di sangue. Oppure di come si masturbasse di fronte alla finestra di casa a luci spente, adocchiando le gambe delle donne, che accavallandole, si spogliavano sempre più dalla gonna.

Imbarazzato da questo problema passò un periodo di cure in ospedale alternato da periodi passati in biblioteca in cui si avvicinò ad autori che lo influenzarono successivamente nella sua scrittura: John Fante, Hemingway, Kafka, Dostoevskij, Sartre. 

L’alter ego di Bukowski è Henry Chinaski uno scrittore di poesie e romanzi che guadagna da vivere con i reading delle sue poesie. Il pubblico è rappresentato da gente sciroccata, ubriaconi, sofferenti, i quali acclamano la presenza di Chinaski evidentemente ubriaco alle aperture delle letture. Questo è il punto forte della sua letteratura: il confondersi tra la gente, essere parte di loro.

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In “Donne” s’evince il rapporto che ha con quest’ultime, grazie alla sua fama incomincia ad intrattenere relazioni di una notte o poco più. Le più importanti furono Linda King, poetessa, Liza Williams, manager di studi di registrazione e Tammie madre single dai capelli rossi. I rapporti erano contornati da alcol e sesso, niente di più. Talvolta droga.

Chinaski – Bukowski è il personaggio sofferente tra l’anarchia e la società. Un vaffanculo a tutte le cose che non ci sopportano o non sopportiamo, lui ha la forza di farlo con alcuni espedienti.

Questa evasione lo porterà alla morte nel 1997 a causa di una leucemia fulminante, poco dopo che si ammalò di tubercolosi. Un duro(?) prezzo da pagare per troppe parole scritte, o per averne scritte troppo poche. Tra gli altri scritti: Storie di ordinaria follia 1975, Taccuino di un vecchio porco 1980, Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze 2012, Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle 1997.

Sono stati tratti anche alcuni film dalle sue opere come “Factotum” interpretato da Matt Dillon nel 2004 e diretto da Bent Hamer. Inoltre è stato protagonista di numerosi riferimenti cinematografici tra cui il personaggio di Hank Moody in “Californication” e la dedica di Sean Penn con il film “3 giorni per la verità“.

La forza di Bukowski è stata quella di scegliere a quarantanove anni la strada della scrittura, vincente o meno non interessa, forse non si sarà comprato una cadillac ma di certo l’immortalità l’ha raggiunta.

“Avevo solo due alternative – restare nell’ufficio postale e impazzire…o andarmene e giocare a fare lo scrittore e morire di fame. Decisi di morire di fame”.  (Charles Bukowski)

 

Mattia Gargiulo