Le ‘luci della ribalta’ non si sono mai spente su Charlie Chaplin. Il nastro riavvolto all’indietro, su quei filmati che sembrano amatoriali.

Quando il cinema era muto, c’erano una bombetta consumata, un bastone di bambù roteante e i baffi sul chiaro scuro dello schermo. Nelle sale bastava rompere il ronzio della pellicola in azione, non servivano parole ma musica. Talvolta l’assolo di un pianista, che rincorreva affannosamente le immagini proiettate. Ogni melodia era appropriata alla scena, ad una corsa, agli spasmi, all’allegria. Malinconica ed immortale fu la maschera di Charlot: il doppio, senza distinzione di Charlie Chaplin.

Charlot, all’asta cappello e scarpe

The Kid (1921) – Charlie Chaplin- Da YouTube

“Un uomo che corre non fa ridere; un uomo che corre dietro al proprio cappello fa subito ridere”. Questo, il piccolo segreto per ‘leggere’ i film di Chaplin, dove di regia tecnica non c’è nulla. Tutto è rappresentato così com’è, per apparire il più semplice possibile. Lasciando al pubblico la povertà e l’essenzialità delle immagini, per non rischiare che l’abbaglio copra, e non faccia vedere null’altro.

Personaggio vagabondo errante, andatura e vestito da pinguino, con la giacchetta a coda di rondine troppo stretta, su un paio di pantaloni larghi. Il prezzo d’asta dei suoi abiti e della scarpe troppo grandi per lui, raggiunse elevate quotazioni, e parte del vestiario trovò collocazione nei musei del cinema. Charlot era equilibrio tra pianto e riso, combinazione difficile da raggiungere sugli schermi. La giocosità di adulto che scendeva al livello di bambino. Con la sua mimica, in un concerto di allegro e grave, in un sali e scendi di ilarità e tenerezza, come un sapiente direttore d’orchestra agita la bacchetta. Tutto questo riempiva i cinema, e questo bastava.

Una comica che sapeva d’infinito

Charlie Chaplin – Il Monello (1921) -Scena il monello sottratto a Charlot- Da YouTube

Il Monello“, venne proiettato in un cinema di Chicago, una sera del 1921 con la firma di Chaplin, regista e protagonista. Ha cent’anni il film, ma non li dimostra. Nato da sentimenti autobiografici, due anni in orfanotrofio e la tragica perdita del figlio, che ispirano la storia di un bambino abbandonato tra le macerie (Jackie Coogan). Trovatello preso sotto la protezione di Charlot, omino che poteva garantire solo, sotto la miseria l’ingegno, sotto le sue braccia l’ala protettiva dell’amore.

Si narra, e le leggende fanno crescere miti, che le bobine del film venissero nascoste nei barattoli del caffè, prima del montaggio. Il grande clown di Chaplin, aveva intuito il motivo principale del successo di Hitler: la bravura ad illudere, prima di tutti se stesso. Così nasce “Il grande dittatore“, girato in piena guerra, nel 1940, pur sapendo che sarebbe stato boicottato in molti paesi. Ridicolizzava il dittatore del mondo, e certo questo, non ne aiutava la divulgazione.

Sir Chaplin era musica divina

ETERNAMENTE, colonna sonora- DAL FILM LUCI DELLA RIBALTA- Da YouTube

Genio anche come compositore. L’accompagnamento sonoro non era improvvisato, era arte in musica. La colonna sonora di “Luci della ribalta” fu premiata nel 1972 con l’Oscar. “Smile” divenne un evergreen, un brano internazionale, cavallo di battaglia, tanto da essere cantata anche da Tony BennettMichael Bolton, Michael BubléEric Clapton, Dalida, Judy Garland, Diana Ross, Barbra StreisandStevie Wonder. Ma la canzona preferita di Federico Fellini, inaspettatamente e fuori ogni previsione, considerata la migliore creazione al mondo per il cinema, era “Io cerco la Titina“. Il maestro di Rimini, con un debole per le ricercatezze sonore, la inserì nel suo film “La città delle donne“, e la sua musica ne “I vitelloni“. Un susseguirsi di note, uguali, rigorosamente scandite da un pianoforte. Tutti pensano che Titina sia una donna. Non si sa, se Federico sapesse che si trattava di una cagnolina.

Vecchie canzoni, divenute colonne musicali per film, che scaldavano il cuore dei soldati impegnati nella prima guerra mondiale. Canti, e marcette di nostalgia, ancora oggi successi senza età. Charlie Chaplin, che sia padre adottivo di un orfanello imbrattato, con al seguito un cane scodinzolante, o sia lo spasimante di una dolce fioraia cieca, resta impresso nella mente come in quello ‘sketch’ che chiude i suoi film; un buco nero che ristringe il sipario, e di spalle, a passetti verso chissà quali mete, Charlot volteggia il suo bastone. Anche Papa Wojtila lo imiterà.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Magazine. Seguici!