Stop a ChatGPT in Italia: perché è stata bloccata e come si può usare lo stesso.
Il Garante per la privacy ha temporaneamente sospeso l’uso di ChatGPT in Italia: perché è stata presa questa decisione e cosa succede ora?
Arriva quindi lo stop al modello di chatbot basato sull’intelligenza artificiale. Si tratta di una sospensione temporanea, che resterà in vigore fino a che non verrà sistemata la disciplina in materia di privacy.
Dopo questa decisione OpenAi ha sospeso l’accesso al servizio ChatGPT in Italia. Il Garante ha stabilito la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti della società statunitense OpenAI, che ha sviluppo e che attualmente gestisce la piattaforma. L’Autorità ha anche aperto un’istruttoria per approfondire ulteriormente la questione.
L’ Italia adesso si trova insieme a Iran, Cina e Russia tra i paesi che hanno bannato ChatGpt.
Ma a cosa è dovuta esattamente la sospensione stabilita dal Garante? E quali saranno le conseguenze immediate sia per gli utenti che per la stessa piattaforma? Il servizio si potrà usare ancora? Proviamo a capire cosa succederà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi a ChatGPT.
La perdita di dati di ChatGPT
Proprio di recente era stato lanciato l’allarme per una importante perdita di dati per ChatGPT. Era il 20 marzo quando il software di intelligenza artificiale ha subito una importante perdita di dati riguardanti le conversazioni degli utenti e anche le informazioni sul pagamento degli abbonati per alcuni servizi acquistabili. Successivamente a quella data non è stata predisposta alcuna comunicazione agli utenti in merito a quanto successo.
Perché ChatGPT è stata bloccata in Italia
Il Garante per la privacy, all’interno del provvedimento di sospensione, ha spiegato che il primo problema deriva dalla mancanza di un’informativa rivolta agli utenti i cui dati vengono raccolti dalla piattaforma. Ma, ancor più grave a giudizio dell’Autorità, è mancante anche una base giuridica che possa giustificare la raccolta e la conservazione dei dati personali secondo il regolamento GDPR, come tutti i siti web ecommerce o di qualsiasi altro genere, per poter istruire gli algoritmi che permettono poi il funzionamento del servizio di intelligenza artificiale.
Secondo quanto emerso sulla base di alcuni reali verifiche, le informazioni fornite dalla piattaforma non sempre corrispondono al dato reale. Il che comporta il rischio, che sarebbe stato più volte evidenziato, di un trattamento dei dati personali non corretto. Inoltre c’è anche un problema legato al limite di età: il servizio è rivolto solo ai maggiori di 13 anni, ma non esiste un filtro che permetta di verificare l’età degli utenti, rendendo di fatto la piattaforma accessibile a tutti. Con il rischio di risposte agli utenti minori ritenute “non idonee”.
Stop a ChatGPT, cosa succede ora
OpenAI ha ora 20 giorni per comunicare eventuali altre misure prese per accogliere le richieste del Garante. Ricordiamo che la società non ha una sede nell’Ue ma ha comunque un rappresentante all’interno dello Spazio economico europeo che probabilmente si rapporterà con l’Autorità italiana. Nel caso in cui la società che gestisce ChatGPT non dovesse adempiere a quest’obbligo, rischierebbe una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del suo fatturato globale annuo.
Nonostante il servizio sia bloccato, con una VPN, ChatGPT funziona regolarmente. In questo modo, quindi, si può continuare a utilizzare l’intelligenza artificiale anche in seguito allo stop.