Cinzia Leone, la celebre attrice, imitatrice e comica ripercorre alcuni dei suoi successi televisivi, poi parla della malattia che l’ha colpita nel 1991.

“Mia madre mi ha salvato la vita”, ammette la Leone in studio. Lei mi disse di andare al cinema e così non rimasi a casa da sola quando mi sentii male. Le fu poi diagnosticato un aneurisma congenito per il quale fu costretta ad andare in America per operarsi: “Dovevo essere operata in extra corporea, sono dovuta andare in America, lo facevano solo lì. Ti devono far morire diciamo per operarti, perché è la vena che trasporta il sangue dal cervello al cuore.”

La malattia di Cinzia Leone

Nel 1991 a Cinzia Leone viene diagnosticato un aneurisma congenito all’arteria basilare: “Dovevo andare alla prima del film “Donne con le gonne” di Francesco Nuti nel quale avevo fatto una partecipazione, ma molto divertente. Non volevo andare perché avevo un forte mal di testa… Se non ci fossi andata, sarei morta in casa perché non se ne sarebbe accorto nessuno. Quel mal di testa era il sintomo della prima emorragia cerebrale in atto. Invece sono andata alla prima del film, mi sono sentita male e mi hanno portata in ospedale e lì mi hanno trovato questo aneurisma congenito dell’arteria basilare che è il peggiore che ci potesse essere”, ha raccontato a Interviste Romane

Cinzia Leone è stata operata a Phoenix, negli Stati Uniti: “Si sono rifiutati  di operarmi anche in tutto il resto del mondo perché era una operazione impossibile”. Dopo l’intervento, l’attrice ha dovuto affrontare una emiparesi della parte sinistra: “Ho lavorato 30 anni per superarla quasi perfettamente… Però devo dire che sono stati 30 anni difficili ma interessantissimi perché anche misurarmi con una cosa del genere, lavorarci, insistere fino allo sfinimento altrimenti non lo superi è stata una cosa che mi ha dato molto”, ha detto a Interviste Romane. Cinzia Leone ha dato il via al festival RO.MENS dedicato alla Salute Mentale: “È inevitabile cambiare dopo una lunga malattia, ma una malattia è un lutto di te stessa quando è invalidante come quelle delle emorragie. Perdi una parte di te, se sei fortunato. Bisogna relativizzare e capire cosa è rimasto sapendo che potevi perdere tutto, ricordarti che il tuo dovere di essere umano è quello di impegnarti per tirare fuori il meglio di quello che puoi tirare fuori dalla tua condizione privilegiata di sopravvissuto”, ha detto a Repubblica.