Drusilla Foer ha condotto la terza serata di Sanremo al fianco di Amadeus, facendo scuola all’Italia. Scuola di eleganza, stile, ironia e soprattutto: unicità.
Drusilla Foer a Sanremo: “Non mi piace la parola diversità, preferisco unicità”
La terza serata si è conclusa controvoglia, perché nessuno voleva smettere di guardare Drusilla Foer. L’alter ego di Gianluca Gori ha incantato il pubblico e ha preso pieno possesso dell’Ariston, strabiliando tutti con la sua professionalità da cinque stelle. Stiamo forse esagerando, vi chiederete? No, i complimenti alla performance di Drusilla potrebbero andare avanti all’infinito. Anche i social sono d’accordo.
Tutti vogliono di più. “Che conduca Sanremo” si sente online, o perlomeno che continui a presenziare come ospite intanto fino alla fine di quest’edizione. Poi, per l’anno prossimo, si vedrà. Averla sul palco è un piacere per il pubblico e anche per chi è lì sopra con lei, che ha la grande capacità di riuscire a tenere tutto insieme. La Foer sul palco ricorda una mamma a casa: corre da una parte all’altra, fa uno sketch vestita da Zorro, scherza con Amadeus e con tutti i concorrenti da lei presentati, chiacchiera con l’orchestra, asfalta ogni commento negativo verso di lei in un attimo, e fa scuola al Paese. Tutte insieme le fa, queste cose, e non ne sbaglia una.
Drusilla chiude la sua serata sul palco con un monologo fortissimo, che con una bellissima leggerezza, una leggerezza non superficiale, ma molto ricercata, insegna una cosetta o due su come trattare… niente. Niente in particolare, o forse tutto, perché parla di tutti noi. Di noi e di quello che siamo, senza usare etichette, stigmi o categorie, Drusilla parla di tutti. “Che bellezza, tutte queste cose sono io!”, dice sorridendo sul palco, con le mani alzate, aperta a farsi vedere. Esalta la parola unicità, che è il nostro unico, comun, denominatore.
Non è vero che siamo tutti diversi, ma è sacrosanto capire quanto siamo tutti unici e Drusilla, ieri notte, ce l’ha ricordato.
Serena Baiocco
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