Nei giorni scorsi la nota influencer Chiara Ferragni è stata al centro di una polemica che ha infervorato sui social. Il tutto è nato da alcuni post su Instagram che la ritraevano in posa di fronte alle opere esposte alla galleria degli Uffizi di Firenze. Gli innocenti selfie hanno scatenato l’ira e lo sdegno di migliaia di commentatori, tanto da far scalare l’hashtag #Uffizi in cima ai trending topics di Twitter. Per quanto questo tipo di polemiche svaniscano con la stessa rapidità con cui si sono palesate, facciamo il punto della situazione e cerchiamo di capirci qualcosa.
Cos’è che tanto scandalizza di queste foto? Dà un parte c’è chi critica l’influncer per aver sminuito il valore delle opere usandole come sfondo per i selfie, dall’altra, l’indice viene puntato contro la direzione degli Uffizi che hanno osato farsi pubblicità usando la popolarità di una che, per campare, passa la giornata su Instagram. Moralismi inutili a parte, la capatina di Ferragni nella galleria fiorentina ha portato risultati notevoli: nel weekend successivo ai post incriminati, gli Uffizi hanno registrato una crescita dei visitatori del 24%. Risultato niente male, soprattutto se si considera che i musei italiani hanno più che mai bisogno di ripartire, dopo i diversi mesi di chiusura forzata.
Insomma, Ferragni non avrà trasformato i suoi 20 milioni di followers in cultori dell’arte rinascimentale come una novella Alberto Angela, ma di certo i suoi scatti con lo sfondo i capolavori di Michelangelo e Raffaello non hanno fatto danni. Allora viene da chiedersi: perché tanto sdegno? Cos’è che tanto ci disturba delle foto della Ferragni davanti fronte alla Primavera di Botticelli?
Caso Ferragni: le potenzialità degli influencer
Da Jay Z e Beyoncé al Louvre fino al recente video di Mahmood girato nel museo egizio di Torino, non è la prima volta che una celebrità si avvale di una location d’eccezione per il proprio lavoro. Eppure questa volte le critiche sono state più aspre. Che il problema sia un altro? Forse, ciò che veramente infastidisce, è il fatto che Chiara Ferragni sia un giovane imprenditrice di successo che si è costruita una fama globale parlando di vestiti e borsette?
Che ci piaccia o no, la comunicazione oggi non può non passare per i famigerati social per dirsi efficace. Viviamo in un paese estremamente moralista che continua a guardare alle celebrità del Web come a degli sciocchi fannulloni e ne ignora le potenzialità (e capacità) comunicative. I social sono i canali principali attraverso cui guardiamo il mondo, ci informiamo, facciamo acquisti, stringiamo rapporti e ci facciamo conoscere. Istituzioni culturali come i musei – che spesso faticano a riempire le proprie sale – non possono permettersi il lusso di alienarsi da questi meccanismi, a meno che non vogliano condannarsi a morte certa.
Oltre gli Uffizi: cosa dicono i dati sull’affluenza ai musei
Ok, il 24% di visitatori in più non è male, ma il merito è tutto di Ferragni? Mandare i Ferragnez in giro alla scoperta delle bellezze italiane è davvero l’unico modo per avvicinare i giovani alla cultura? I dati Istat ci dicono che i maggiori visitatori di musei e siti archeologici sono già loro, i giovani. I ragazzi di 11-14 anni e quelli di 18-19 anni almeno una volta l’anno hanno visitato musei o mostre (il 48,4-46,8 per cento rispetto al 23,0 per cento circa dei 65-74enni) e siti archeologici o monumenti (per entrambi il 34 per cento contro il 19,4 per cento dei 65-74enni).
Ci sono in oltre differenze di genere e si articolano per classi di età. Se tra i 18-24 anni, le donne sono più propense degli uomini a visitare musei o mostre (il 48,4 per cento contro il 34,3% degli uomini), oltre i 60 anni il rapporto si rovescia: tra i 65-74enni gli uomini che fruiscono di tali attività culturali sono il 24,7 per cento contro il 22,0 per cento delle donne.
Miracolo Ferragni?
Probabilmente no e questo perché non si ha la garanzia di sottrarre una fetta dalla percentuale di giovani che non visitano abitualmente musei e mostre. Tanto che solo l’1% dei diciottenni ha usato il bonus cultura (18app) per visitare un museo. L’impegno per la promozione culturale deve essere costante e non spetta solamente all’imprenditrice cremonese. È lo Stato ad avere un ruolo centrale nella partita per la valorizzazione dei beni culturali. Ricordiamo che l’Italia ha un patrimonio di 5mila musei, monumenti e aree archeologiche che sono in grado di generare turismo e quindi introiti. Ma senza investimenti? Davvero possiamo criticare una pubblicità del genere quando continuiamo a tagliare fondi ai Beni Culturali?
Intanto i giovani frequentano i musei molto più degli adulti e paradossalmente a criticare Chiara Ferragni sono stati proprio gli over 40, gli stessi che dichiarano di non avere tempo o voglia per visitare tali strutture.
Eppure il tempo c’è, come quello usato per stare sui social a criticare.
Giorgia Binamoneta e Maria Giovanna Pace
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