Al terrore ci si abitua?

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Di Redazione Metropolitan

Bruxelles Stazione Centrale, poco dopo le 21, un uomo di 36 anni fa esplodere una valigia colma di chiodi e bombole di gas. L’attentatore viene prontamente neutralizzato dai militari: per una volta potremmo finalmente parlare di un attentato sventato, senza feriti né vittime. Eppure qualcosa non va. 

Si tratta di un’ottima notizia, se comparata alle innumerevoli tragedie che l’hanno preceduta; ma la triste verita è che non è altro che una magra consolazione in mezzo a tanta desolazione. L’aspetto più preoccupante, infatti, vista la scia di terrore iniziata con Charlie Hebdo, è l’esperienza accumulata in materia di attentati negli ultimi due anni. Tale esperienza ci porta a giudicare questo tipo di violenza quasi banale. Ci siamo forse abituati all’odio? Quando abbiamo iniziato a reputarlo normale, o, piuttosto, usuale?

No, le persone non si abituano al terrore. Tuttavia, nella buona e nella cattiva sorte, la vita deve continuare. E’ una regola imposta dalla natura. Quel meraviglioso organo che è il nostro cervello decide quindi d’innescare il suo meccanismo di autodifesa post traumi. Con la consapevolezza di essere costantemente esposti al pericolo, infatti, si dovrebbe temere perfino di uscire di casa. Ma ciò significherebbe rifiutarsi di vivere e l’uomo, per quanto si sforzi, non si accontenta di sopravvivere.

Così, non ci si abitua di certo al terrore, ma si diventa degli esperti nel metabolizzare velocemente il trauma e nel ricominciare. Questo non ci rende degli esseri spregevoli e insensibili, ma semplicemente razionali e consapevoli di non poter affrontare tutto ciò, tutto insieme. Si tratta di vera e propria “resilienza”. 

Bisogna però considerare che, come ogni trauma che si rispetti, prima o poi andrà affrontato a freddo e rivissuto da un’altra prospettiva. Per questo non possiamo e non dobbiamo abituarci al terrore. Dicono che si chiami terrorismo perché ha come unico scopo quello di diffondere la paura, eppure il rischio più grande ad ogni attentato, è quello di uno scenario ben peggiore, dove nessuno ha più paura di nulla.