“Il gruppo H&M è profondamente preoccupato per i resoconti delle organizzazioni della società civile e dei media riguardo le accuse di lavoro forzato e di discriminazione delle minoranze nel Xinjiang. Ciò significa che il cotone per la nostra produzione non verrà più acquistato da questa zona”. E’ bastato un comunicato risalente allo scorso anno del gigante svedese dell’abbigliamento, per riaccende la mina sulla regione autonoma del nord-ovest del Paese. Ripostato da un utente su Wibo – il Twitter cinese – si tratterebbe di un boicottaggio aizzato a colpi di click contro l’azienda dei vestiti che, mesi fa, aveva preso posizione sulle accuse di lavoro forzato e di discriminazione nei confronti della minoranza musulmana uigura della regione dello Xinjiang. La Cina, che è il 4° Paese più grande di riferimento di H&M con 520 negozi – secondi solo agli Usa per numeri – produce il 22% del cotone usato in tutto il mondo, cui l’84% concentrato nello Xinjiang, come riportato da una ricerca del thnik tank americano Center for Strategic and International Studies.
H&M sparisce dalle piattaforme e-commerce in Cina: ecco cos’è successo
Da qualche giorno, H&M è dunque sparita dai maggiori colossi di shopping online cinese, come Tman e Alibaba. Così come nei negozi online quali Jd.com e Pinduoduo, dove i prodotti risultano introvabili. La filiale cinese di H&M ha precisato che il gruppo “ha costantemente sostenuto i principi di apertura e trasparenza nella gestione delle catene di fornitura globali, assicurando il rispetto dell’impegno per lo sviluppo sostenibile delineato dalle Linee guida dell’Ocse per una condotta aziendale responsabile, senza voler rappresentare alcune posizione politica”. Ma non è bastato per placare le polemiche sul piano internazionale. Per la prima volta da Tienammen, l’Europa sanziona la Cina per violazione dei diritti umani nei confronti degli uiguri. Una decisione che fatto riemergere dal web una dichiarazione del gruppo svedese che, allarmato da ciò che emergeva nei rapporti di alcune organizzazioni, scriveva: “Fino a quando non avremo maggiore chiarezza sulle accuse di lavoro forzato, abbiamo deciso di eliminare gradualmente il rapporto commerciale con l’azienda nei prossimi 12 mesi”, promettendo un’indagine approfondita sul rispetto dei diritti umani negli stabilimenti da cui si approvvigionano in Cina.
“Diffondere e boicottare il cotone dello Xinjiang mentre si spera di fare soldi con la Cina? Un’illusione” ha prontamente ribattutto in un post su Wibo la Lega della Gioventù comunista. Mentre “H&M ha fatto un grave errore di valutazione nel decidere di ergersi a eroe – si sente dalla televisione di Stato – pagheranno caro le loro azioni”. E nel frattempo, anche il noto attore Huang Xuan, per opporsi alle ‘calunnie’ contro il suo Paese, ha disdetto il suo contratto con l’azienda svedese. Risultato? Fine della collaborazione come brand ambassador in Cina per il marchio. Una vicenda da tenere d’occhio. Secondo alcune inchieste internazionali, Pechino è accusata di detenzioni arbitrarie di almeno un milione di persone in “campi di rieducazione”, sorveglianza di massa e sterilizzazione forzate nei confronti della minoranza musulmana degli uiguri, uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti dal Partito comunista cinese.
Francesca Perrotta