Il 4 maggio 2020 avrà inizio la tanto attesa fase 2 del Covid-19.
C’è chi non vede l’ora di rimettere piede a teatro e nelle grandi e piccole sale cinematografiche di quartiere, chi spera veramente nel fenomeno dei cinema Drive-in, chi vuole tornare ai grandi eventi di musica e cinema in tutte le loro macro e micro sfaccettature.
C’è anche chi ne faceva piacevolmente a meno precedentemente, preferendo il cinema del piccolo schermo grazie a piattaforme on demand come Netflix, Chili, NOWTV, Amazon Prime, Infinity e Sky.
Il Festival di Cannes 2020 non si farà, mentre viene confermato quello del Lido di Venezia dal 2 al 12 settembre 2020. Alla prossima edizione degli Oscar saranno in competizione anche film usciti direttamente in streaming. Siamo di fronte ad una rivoluzione estetica o possiamo ben sperare nella continuità del bisogno di vivere la settima arte fuori dalle proprie mura domestiche?
La pandemia dei cinema
Il mondo del cinema rischia un tracollo economico e culturale senza eguali nella storia.
Un tracollo che a detta di molti lavoratori del settore e non, si stava già vivendo, malgrado gli sforzi. La grande sala si vede attualmente alle strette contro muri ideologici, di
un’organizzazione socio culturale e politica che le sono debitori.
La capitale del resto sta collezionando da tempo la presenza di cinema fantasma. Sale storiche che animavano Roma e che progressivamente dichiarano la chiusura.
Basti pensare al cinema Fiamma, situato in zona centrale a Roma, presso via Veneto oppure al cinema Metropolitan, il Capranichetta, il Quirinetta, il Maestoso, il Jolly e chi più ne ha più ne metta.
A sostegno del grande schermo
Per chi non lo sapesse, l’estate a Roma è da diversi anni scandita per molti cittadini, dal cinema in piazza grazie al Il Piccolo America. Capitanato dal presidente dell’associazione Valerio Carrocci, poco prima della quarantena il Piccolo America annunciava la vittoria e costruzione della Sala Troisi, un nuovo cinema gestito dai ragazzi, segno che le sale con la giusta verve e cura amministrativa, possono rimanere aperte o addirittura aprire come nuove.
Anche il progetto MOVIEMENT ne è stato un segnale: un lavoro di cooperazione, sorto la scorsa estate 2019 e sostenuto con molta convinzione sia dal sottosegretario Borgonzoni (a nome del governo) che dal presidente dell’Anica, Francesco Rutelli. MOVIEMENT è un progetto che promuovendo l’uscita dei film in tutti i mesi combatte le sale vuote. Un piano triennale che allinea l’Italia con il resto del mondo contribuendo ad un cinema attivo 12 mesi l’anno.
L’esperienza di fare cinema fuori casa
L’attore francese Noel Simsolo una volta ha detto che di fronte ai grandi cambiamenti della società, delle usanze, della cultura e del tempo storico nel quale viviamo, non è il cinema che muore, piuttosto le persone.
Gli spettatori nella grande sala vivono l’esperienza cinematografica. Un vero e proprio rituale non solo per cinefili consapevoli o per nostalgici delle prime file, ma per gli amanti dello spirito aggregativo che proprio in questo periodo è il nemico per eccellenza.
Secondo una tradizione di studi, Marshall McKuhan e Friedrich Kittler ritengono che nel fare esperienza del cinema “la base materiale del medium” determini il modo in cui lo spettatore percepisce quello che il cinema gli offre. Il campo totale i lunghi campi, i piani sequenza, la direzione della fotografia, l’uso significativo dell’illuminazione (luce diegetica ed extradigetica) e del colore, non sono solo tecnicismi stilistici da critici intenditori ed esperti del mestiere. Si tratta di poter avere la possibilità di percepire in modo inusuale una storia nell’audio visivo, dove i nostri sensi e la nostra riflessività sono chiamati a rielaborare anche in modo inconsapevole.
L’audiovisivo verso una nuova estetica
Il piano sequenza ma anche il Long Take sono da sempre tecniche di regia stilistiche che riescono ad immergere lo spettatore nella trama filmica, soprattutto nell’atmosfera. I lunghi piani sequenza in particolare regalano effetti di coinvolgimento emotivo e riescono a farci sentire parte di quella storia, spesso enfatizzando la tensione o la suspense. Attualmente la tecnica è stata ripresa da registi più contemporanei che ne hanno fatto una firma d’arte. Poco prima dello scoppio della pandemia ad esempio, Sam Mendes ha completamente sbaragliato tutti con il suo “1917“, a dispetto delle critiche ricevute per l’eccessivo virtuosismo registico. Sono esempi anche i piani sequenza che troviamo in pellicole digitali come: “Birdman“, “I Figli degli Uomini“, “Hunger“.
Il cinema non si può imitare: perchè accontentarsi
Un cinema post Covid-19 difficilmente non può avvertire l’urgenza di mostrare l’immagine, il movimento, il suono, attraverso uno schermo che non sia quello della propria casa. Il cinema del piccolo schermo attualmente predilige primi e primissimi piani, un mondo che strizza l’occhio alle piccole immagini che siamo abituati a guardare fino a notte fonda, dai nostri cellulari. Il primo piano è molto comunicativo ed intimo in tal senso, sulle piattaforme on demand non abbiamo bisogno di grandi riprese, siamo interessati alle tematiche e le sfogliamo come cataloghi Ikea alla ricerca di qualcosa di assolutamente unico. Questa ricerca non può rispecchiare l’intimità e la singolarità che solo una sala buia è in grado di donare al suo spettatore. La sala è un’estetica sui generis, un vaso di Pandora inimitabile.
Il cinema chiede una conferma
Durante la quarantena ci stiamo abituando progressivamente all’uso ordinario di Netflix. Disney Plus rilancia con un abbonamento di ben €70 l’anno, la possibilità di vedere non solo i grandi classici e produzioni Marvel, ma film originali Disney mai visti nelle sale. RayPlay pubblicizza pellicole da non perdere e questa settimana ancora per poco sarà possibile vedere online “Blade Runner 2049“. In tanti soddisfatti raccontano di grandi recuperi culturali e del mondo dello streaming come di un salvagente dal tempo, un Dottor Strange. Ci si abitua a grandi storie in prima serata sulle proprie smart tv in salone, o sul proprio smartphone direttamente a cena o comodamente tra le lenzuola con un tablet.
La risposta è nella storia del cinema
Allora ci si chiede se effettivamente il cinema abbia bisogno di una struttura fisica come quella della grande sala. La risposta non può e non deve essere soggettiva.
Il cinema si affusola mentre un nuovo medium o apparato, prende piede. Mai come ora bisogna ricordare l’importanza del buio, di un luogo istituzionale che non vuole limitare la libertà del cinema e la sua fruibilità, ma piuttosto ricordare che è prima di tutto un esperienza irripetibile e quasi rituale. Il cinema ha bisogno dell’apprezzamento sociale, del suo riconoscimento comunitario.
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Silvia Pompi