L’estate incombe con il suo meraviglioso fascino: mare, sole, bel tempo, gelati e le tanto attese ferie, finalmente, stanno per fare capolino nelle nostre stanche vite. Sembra tutto così perfetto, non è forse vero? Siamo fermamente convinti, per vostro estremo dispiacere, che la perfezione sia noiosa, quasi effimera! Quindi, come potremo mai rovinarvi questo idilliaco quadretto gentilmente offerto dalla bella stagione? Ricordandovi in modo losco e meschino cinque traumi targati Walt Disney che, certamente, hanno angosciato la vostra relazione sentimentale con la casa d’animazione più famosa del mondo. Ah, abbiamo deciso d’inserire anche il “Trauma bonus“, emulando i contenuti speciali di DVD e Blu-ray. Non ringraziateci: sarà estremamente piacevole imprimere tristezza e malinconia alle vostre belle giornate!
Walt Disney. Amorevole, simpatica e lungimirante casa d’animazione che ha scandito (e continua imperterrita) la crescita emotiva di generazioni e generazioni di esseri umani con i suoi capolavori animati. Gli Studios di Topolino, infatti, sono entrati nelle nostre vite prepotentemente diventando un punto fermo per adulti e bambini grazie agli indimenticabili eroi, ai cattivi iconici caratterizzati alla perfezione, alle trame accattivanti e fresche e…già…per i numerosi traumi che, come pugnalate mortali, penetravano improvvisamente nel corso delle varie narrazioni demolendo all’istante quella magica ed accogliente aria gioiosa che emanava il videoregistratore, per chi ha avuto la fortuna di vivere ai tempi delle VHS, oppure il più recente lettore DVD/Blu-ray. Non sono abbastanza convincente con le parole? Cercherò di semplificare il tutto con due situazioni che, certamente, avete vissuto durante lo scorrere di moltissime trame Disney…
I sentimenti sembrano trionfare, i buoni vincono ed appaiono invincibili alle brutture della vita. Gli spettatori, famiglie o singoli avventori, cominciano a sprofondare rilassati sul confortevole divano del soggiorno…
Quando un avvenimento improvviso, violento e traumatizzante spezza questo idillio meraviglioso! Adii, morti, abbandoni, situazioni così tristi da far invidia a Mariottide Super Saiyan della Tristezza di ventesimo livello, mutano quel giardino dell’Eden in…
Inferno governato da un mare di disperazione. Una valle di lacrime s’impossessa degli spettatori che, attoniti e smarriti, si guardano intorno cercando un appiglio per non calare sinistramente nel terrore angosciante. Non tentate di trovare rifugio nello sguardo rassicurante del vostro “collega di tristezza” perché sarebbe tutto inutile: nessuno potrà cancellare il trauma disneyano appena detonato nelle vostre felici esistenze. Nemmeno il più gustoso dei gelati, qual ora vi trovaste soli a visionare il “fattaccio”, potrà addolcire l’amaro fiele della malinconia. L’esorcismo è servito, il trauma ha già invaso i vostri vasi sanguigni come il più tossico dei veleni. Non importa se, alla fine della fiera, l’eroe di turno supererà le avversità trovando il rincorso “Happy Ending”: voi non sarete così fortunati.
Non continuate a leggere, ve lo consiglio. D’ora in avanti il gioco si farà duro e malvagio. Vi sto osservando, divorate riga dopo riga. Vi ho preparato psicologicamente ma potrebbe non essere servito a nulla, non vogliamo nessuna colpa in caso di pianti. La curiosità uccide, si dice. In questo caso, traumatizza. Ecco quindi, avventori coraggiosi e stimabili col fazzoletto alla mano, cinque traumi della Walt Disney (con l’offerta speciale di un sesto omaggio) dai quali è impossibile riprendersi:
1) LA MORTE DI MUFASA
Cercherò, nella mia infinita bontà, di spiattellare davanti ai vostri occhi (già lucidi), il primo ed imponente trauma che la simpatica Walt Disney ci ha meschinamente donato. Ammetto: trema la mano anche al sottoscritto che, in un barlume di sanità mentale, inizia a chiedersi: “Chi me l’ha fatto fare? Un fazzoletto, grazie!”. La morte di Mufasa. Esiste, veramente, un individuo sulla faccia della Terra che è riuscito a superare questa scena con successo? Non credo. Un branco di gnu, egregiamente spaventato dalle iene di Scar, si riversa nella gola dove Simba, erede al trono della Rupe dei Re, gioca ignaro di tutto. Il danno è fatto: il principino scappa nel piccolo canyon inseguito dagli zoccoli degli erbivori che, senza accorgersene minimamente, rischiano di calpestare il cucciolo più influente dell’intera Savana. Mufasa, Re buono e gentile, assiste inorridito alle difficoltà del figlio dalla parte più della gola. Si cala, sfida il mare in tempesta formato dagli gnu incassando numerosi colpi, raggiunge il pargolo praticamente spacciato e riesce a trarlo in salvo. Le ultime forze del leone vengono divorate dallo sforzo per issarsi, a sua volta, sulla parete rocciosa tentando la scalata verso la salvezza. Arrivato in cima, lo attende Scar (fratello malvagio) che accoglie, a modo suo, le suppliche di aiuto del familiare: afferra le zampe del consanguineo violentemente per sottrarlo al pericolo. Macché. Scar getta Mufasa dal dirupo uccidendo il sovrano con l’iconica frase “Lunga vita al Re”. Il leoncino assiste alla caduta rovinosa del padre sperando di ritrovarlo vivo e vegeto nel canyon. Lo scorge ma, nonostante vari tentativi di rianimarlo, non c’è più nulla da fare. Simba si accoccola accanto al cadavere di Mufasa piangendo ed incolpandosi dell’accaduto. Trauma impossibile da superare. Fate una bella cosa: correte ad abbracciare vostro padre…
2) LA MORTE DELLA MADRE DI BAMBI
Siamo o non siamo nell’era della parità dei sessi? Tutti d’accordo su questa ultima frase? Me ne compiaccio. Voi, forse, un po’ meno! L’invito ad evitare la lettura è sempre valido, eh. Nell’universo Disney, pensate, non tirano le cuoia soltanto i maschietti, sarebbe davvero troppo poco traumatizzante! Paesaggio boschivo attanagliato dal candore puro ed avvolgente della neve, uno scenario rilassante e difficilmente incorruttibile dalla negatività. I protagonisti della sequenza sono una premurosa madre cervo che insieme al suo cerbiatto di nome Bambi, spala il manto bianco alla ricerca dell’erba tenera. Quadro tenero, amorevole e completamente scevro dai cattivi pensieri, non vi pare? Il dramma è alle porte: il lauto pasto dei due erbivori viene interrotto dall’avvicinarsi sospetto di forme di vita ostili. Cacciatori. La mamma di Bambi capisce immediatamente il pericolo ed esorta il suo cucciolo a fuggire via, il più lontano possibile. Il piccolo, ubbidiente ed impaurito, si lancia verso la fuga sospinto dagli incoraggiamenti costanti del genitore che, come il migliore dei bodyguard, scorta la corsa del figlio. “Corri Bambi, non voltarti!” “Scappa, più veloce figlio mio!” “Ce la faremo!” “SBAM!”. Rumore sordo che si perde nel silenzio della neve, nel fitto del bosco. Bambi non si accorge di nulla e continua la sua folle corsa verso la salvezza senza sentire più gli incitamenti della madre. Arriva alla tana, entra sorridente congratulandosi con il genitore che…non arriva. Cala la neve, soffice e malinconica. Il cerbiatto torna a ritroso sulla strada percorsa alla velocità della luce poco prima. Lo sfortunato protagonista trova il padre che, freddamente, gli spiega che la madre non tornerà mai più al suo fianco. Il cucciolo segue il padre, nella foschia triste della nevicata che, se possibile, appesantisce con il suo velo di tristezza una delle scene più raccapricciante della casa d’animazione statunitense. Ripeto il consiglio proferito nel primo punto analizzato: correte ad abbracciare…vostra madre!
3) LA CANZONE DI PENNY, L’ORFANELLA DI BIANCA&BERNIE.
Stavolta il trauma genitoriale è latente, magari superato ma vivido e devastante in ugual misura. Non assistiamo all’improvvisa morte di un genitore ma siamo fagocitati selvaggiamente nelle dinamiche di un abbandono forzato o voluto di una piccola e dolcissima bambina. Penny, la protagonista della vicenda, è tenuta prigioniera da Madame Medusa e Snoops, tirapiedi tanto malvagio quanto cretino dell’ignobile donna. La ragazzina, rapita dal suo orfanotrofio, viene privata del suo grande sogno: trovare una famiglia gentile disposta a prendersi cura di lei. Motivo? La coppia di malfattori ha rintracciato nella Palude del Diavolo il più grande diamante del mondo che giace in una caverna sotterranea che si allaga molto spesso. L’entrata di questo anfratto, però, è stretta e nessuno dei due può varcarla con successo. Rapiscono Penny, mettendo in pericolo la sua giovane vita, per recuperare il prezioso gioiello che arricchirebbe sensibilmente i cattivi della storia. “Nessuno ti voleva, per questo sei qui!” “Una brutta bambina come te non troverà mai una famiglia in grado di sopportarti!” Demolendo psicologicamente la creatura, Medusa riesce a trattenerla sventando qualche tentativo di fuga della prigioniera. Se tutto questo già non fosse angosciante e triste, Walt Disney decide di metterci il carico da novanta: l’ennesimo fallimento di Penny, le cattiverie continue della “tutrice” ed il senso di desolazione, sfociano in una canzone tanto bella quanto triste. “C’è chi veglia su di te”, questo il titolo in italiano del componimento, viene cantata da una voce mentre Penny, guardando il cielo e stringendo il suo orsacchiotto Chicco dalla sommità del battello sul quale alloggia, piange e si strugge per il suo beffardo destino. Bianca e Bernie, i due topini accorsi per salvarla, non possono fare altro che assistere alla scena commuovendosi dalla loro barca costruita con una foglia. “Coraggio tesor, devi vincere il tuo dispiacer! Anche sola, non devi temer…” “Scorda tutta l’angoscia che hai, anche tu presto sorriderai…” Frasi strazianti riportate mentre la bambine assiste alle amorevoli cure di una madre uccello che protegge i suoi piccoli. Siete davvero pessime persone, sapete?!
4) L’ABBANDONO DI RED.
Inizio a risentirne anche io ma una promessa è pur sempre una promessa. Siamo soltanto al quarto trauma, la strada è ancora lunga dall’essere percorsa completamente. Purtroppo. Vicenda di amicizie spezzate, malintesi ed abbandoni compongono questo minestrone immangiabile. Il tutto, viene accompagnato dal pane ammuffito creato dalla solitudine di una signora anziana che vede sfumare la sua unica fonte di felicità: il suo migliore amico. “Red e Toby nemiciamici” è certamente un lungometraggio animato carico di significati e…tristezza. Non la scamperete: non analizzeremo la forza dell’amicizia, l’amore e la speranza. No. Verrete tutti traghettati nell’inferno dell’abbandono, nel dramma della malinconia. Red è una volpe rimasta orfana che, incredibilmente, trova casa presso una simpatica vecchietta che piano, piano si affeziona al bellissimo animale. Il peggior nemico della signora è Amos Slade, un cacciatore che possiede a sua volta un cucciolo di segugio. Scoppia una simpatia tra Red e Toby (questo il nome del cane) che crescono insieme sotto il segno dell’amicizia. I due animali, ormai cresciuti, si troveranno di fronte durante il periodo di caccia: Toby risparmia Red ma i suoi “colleghi” non sono delle stesso avviso. Rincorrono la volpe che trova rifugio tra le rotaie del treno evitando che il mezzo di trasporto tranci la via di fuga. Fiuto, uno dei segugi, non è così fortunato e resta zoppo dopo aver impattato con il treno. Il cacciatore tenta di uccidere Red che, nel frattempo, è tornato a casa dall’anziana signora. Gli intenti bellici di Slave vengono arginati ma Gran Ma’ capisce che non è più un posto sicuro per la volpe. Decide, quindi, di abbandonare Red nel bosco per donargli la salvezza. Il viaggio in macchina è un tripudio di frasi tristissime, ricordi belli ma malinconici e pianti velati. La scena peggiore? Non credo di aver dubbi: la sequenza in cui la povera anziana, visibilmente distrutta, toglie il collare a Red abbracciando l’animale, è qualcosa di devastante. Avete un animale domestico che infesta la vostra casa? Dategli un croccantino ed una carezza in più, ok?
5) LA CANZONE DELLA MADRE DI DUMBO.
Eccallà. Scusate l’intercalare romano ma questo trauma è di difficile risoluzione per tutti, almeno credo. Stavolta non muore nessuno ma la tematica dell’abbandono è altrettanto rovente da creare la stessa desolazione emozionale. Non c’è una separazione tra amici, qui no. Una madre elefante, in questa triste storia, viene separata dal proprio figliolo. Dumbo, l’elefantino con le orecchie sproporzionate, viene deriso e messo da parte per l’evidente problema fisico che ha ereditato dalla nascita. Come se non bastasse, viene separato dal genitore per esigenze di spettacolo: il circo, fatemelo dire, è una delle forme peggiori di spettacolo esistenti nella nostra realtà. L’unico amico che resta al giovane elefante è un ratto che, mosso da sentimento compassionevole, decide di aiutare il mammifero. Durante la narrazione della storia, gli spettatori vengono catapultati in una delle scene più tristi del mondo Disney: la mamma di Dumbo, infatti, è stata messa in isolamento perché ha aggredito i proprio simili che, vigliaccamente, prendevano in giro suo figlio. Il topo trova il modo di congiungere, almeno con la proboscide, la famigliola in una sequenza che, obbligatoriamente, deve essere accompagnata da vagonate di fazzoletti. Il genitore culla il figlio, fino a farlo addormentare, mentre intona una canzone struggente ed amorevole. L’unica via è la commozione, la disperazione prende il sopravvento senza possibilità di essere arginata con successo. Il saluto finale, carico di emozione e condito dal “Ciao” disegnato nell’aria dall’esile proboscide di Dumbo, è la goccia che fa traboccare il vaso di lacrime. Brutta storia, eh? Correte dai vostri figli e promettetegli di stare con loro per sempre…
LA MORTE DELLA LUCCIOLA RAY.
Trauma bonus che potete trovare nei “Contenuti Speciali” di questo racconto triste e complicato. Proprio perché è un accanimento, il mio, nei vostri confronti, cercherò di essere rapidissimo ed indolore il più possibile. Ray è una lucciola romantica e dolcissima (voce di Luca Laurenti) che ama follemente Evangeline, la stella più luminosa del cielo. Il suo amore platonico, tanto tenero e sconfinato, è il riassunto perfetta del sentimento chiamato amore. L’insetto fa parte della cricca che anima le vicende del cartone “La Principessa e il Ranocchio” ed il suo slancio coraggioso, gli costerà carissimo: Ray tenta di bloccare gli atti criminali dell’Uomo Ombra ma l’antagonista principale del lungometraggio animato, si sbarazzerà del povero insetto malcapitato calpestandolo senza pietà. Con tanto di effetti sonori raccapriccianti. La morte della piccola lucciola, per quanto triste e devastante, è propedeutica al congiungimento con la sua Evangeline: Ray, infatti, diventerà una stella del firmamento e si posizionerà al fianco della sua amata. Sono stato buono sul finale, non credete? Il trauma, stavolta, è condito da sfumature eccitanti di lieto fine!
È finta. Evviva! Il nostro triste percorso si conclude qui, per adesso. Le vostre giornate meravigliose sono state insudiciate dalla tristezza ed irrigate da copiose lacrime. Non c’è nulla di sbagliato, nel piangere. È un sentimento umano da difendere e preservare. Dopo tanta malinconia, però, vorrei lasciarvi con un messaggio ben augurante: i traumi, i ricordi nefasti, sono stati creati per testare la forza di ognuno di noi. Attraverso i brutti ricordi, i momenti negativi e le incertezze del momento, si crea e si sviluppa quella corazza positiva che ci permette di non piegarci alle avversità di una realtà fin troppo difficile da affrontare, molte volte. Insegna più una sconfitta, un pianto scrosciante che una gioia. Siamo persone migliori grazie ai nostri traumi, perché i demoni possono essere sconfitti affrontando ricordi dolorosi o sensazioni negative. I traumi, in fin dei conti, sono nati per temprare ciò che siamo e per permetterci di vivere con più forza e tenacia la nostra esistenza…
ANDREA MARI
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