Almeno 145 tra leader sociali e difensori dei diritti umani sono stati uccisi in Colombia nel 2021, di cui 32 rappresentanti indigeni, 16 leader contadini e 7 sindacalisti tra le vittime politiche. La cifra, rispetto al 2020, è in calo, ma secondo l’ufficio del Difensore del popolo è comunque una conferma di un paese violento.
Proprio questo ente pubblico ha dato la conferma dei dati, minori rispetto all’anno precedente. Nel 2020, infatti, in Colombia erano stati registrati 182 omicidi. I corridoi del narcotraffico sono le zone del territorio prevalentemente colpite: Antioquia, Cauca e Valle del Cauca. In aggiunta anche i difensori ambientali, che a detta di Global Witness sono stai 65, uccisi, nel 2020.
Nel 2016 sembrava essere arrivati ad un accordo tramite la FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), ma gli omicidi non si sono fermati, anzi, sono andati ad aumentare, specialmente contro i leader sociali. Le organizzazioni sociali puntano il dito contro narcotrafficanti, gruppi di paramilitari, dissidenti delle FARC e membri dell’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), l’ultima guerriglia attiva in Colombia.
Dalla firma dell’accordo di pace, con la Colombia, il più grande produttore mondiale di cocaina, siamo al picco della violenza.
Il difensore Carlos Camargo non si spinge troppo oltre coi dettagli, dichiarando solo: “Condanniamo questi fatti, principalmente dovuti alle azioni criminali di gruppi armati illegali”.