David Bowie giunge a Berlino nel 1976, dopo un periodo sfiancante a Los Angeles. La città americana lo aveva totalmente sfinito, prosciugato, distrutto: la cocaina aveva preso il controllo dell’artista, e solo un passo in più avrebbe segnato la fine.

Bowie allora scappa il più lontano possibile e arriva nella capitale mitteleuropea, all’epoca ancora divisa dal Muro che separava il progresso e il lusso occidentale dalla povertà e la frugalità orientale. Quello stesso Muro presente nel testo di “Heroes”, a ridosso del quale due amanti si baciano (probabilmente il produttore del cantante e una corista, anche se hanno sempre smentito).

David Bowie a Berlino incide ben tre album, tra i quali appunto il leggendario “Heroes”, ma collabora anche con altri due grandi della musica: Iggy Pop e Brian Eno, che come lui lavorano agli Hansa Studios. L’ambiente punk e le sperimentazioni elettroniche affascinano gli artisti, che trovano nella capitale tedesca la perfetta fucina in cui mettere alla prova tutto il proprio talento.

Ma l’artista, oltre a fare la storia della musica, ritrova soprattutto se stesso: è felice di poter girare liberamente in bicicletta senza che nessuno lo riconosca; è finalmente lontano dalla frenesia statunitense e dal successo distruttivo. David Bowie lascia Berlino nel 1978, ma non se ne va mai davvero. Il successo mondiale lo travolge, e il 6 giugno 1987 torna nella città per un concerto che si tiene proprio a ridosso del Muro: quel giorno “Heroes”, composta lì vicino più di dieci anni prima, diventa un canto di liberazione.

Potevamo sentirli gridare e cantare dall’altra parte. Non lo dimenticherò mai. È stata una delle esibizioni più emozionanti della mia vita. Ero in lacrime.

Chiara Cozzi

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Ph: vdnews.tv