Come un respiro è il titolo del terzo romanzo di Ferzan Ozpetec, ma potrebbe essere anche quello del suo quattordicesimo film. Dopo essere pensato, immaginato, un film è scritto, e Ozpetec oltre che regista, è uno sceneggiatore di successo. Uscito per Mondadori il 12 Maggio, è arrivato subito in testa alla classifica dei libri più venduti in Italia, a riprova di quanto il regista, sceneggiatore, scrittore italo turco, sia amato nel nostro paese.
In come un respiro ritroviamo tutto Ozpeteck : il condominio, la tavola di amici, la finestra che separa il mondo interiore da quello esteriore. Ritroviamo il perbenismo delle famiglie borghesi, con quella corrente sotterranea che spinge contro le gambe di tutti per salire in superficie. In come un respiro riscopriamo l’ambivalenza dei sentimenti, della sessualità, di quei segreti che ognuno interiorizza e decodifica come più gli serve per sopravvivere. Ritroviamo Le fate ignoranti, Saturno Contro, suoi due capolavori, La finestra di fronte, mine vaganti, ma soprattutto ritroviamo tutto il dolore che la vita mai ci risparmia.
Il libro: la storia
La vita narrata è quella di due sorelle Adele ed Elsa. Due sorelle che una madre disturbata e infelice voleva gemelle, ma che in realtà, con qualche anno di differenza l’una dall’altra, di gemello hanno avuto l’amore, il dolore, il rimorso, il destino. Attraversando, anche sotto forma di romanzo epistolare, gli anni sessanta fino ai nostri giorni, la storia delle due donne si dipana fra Roma dove ci troviamo e Instanbul. La città turca, dove lo scrittore è nato nel 1959, viene descritta come magica, fra tradizione e innovazione. Viene narrata con la nostalgia del luogo natio che si è perduto e che non esiste più. Terra di incontri, qui sempre appartenenti al jet set della città, di profumi speziati, di vapori che portano con se il desiderio, la lussuria.
Ecco qui rievocato il bagno turco, suo primo film. Elsa infatti, diventerà proprietaria di un hamman, e dei segreti che gli uomini celano anche a se stessi. Testimone degli amori mancati come di quelli consumati. Del sogno della multiculturalità, di quell’attrazione per il diverso sconosciuto, che ci rende tutti Ulisse. Elsa che irromperà in casa di Giovanna e Sergio per prima, racconterà la sua visione di quella storia che la lega a quella sorella rimasta invece ancorata a Roma. Adele giungerà in quella casa, solo dopo che lei tragicamente sarà andata via. E’ a quel punto che il mistero della separazione verrà svelato ai nuovi padroni di casa, e a quegli amici fidati, con in quali quella domenica avrebbero dovuto pranzare.
Il mio destino sono io
Elsa, la sorella minore, è il simbolo del viaggio che ognuno di noi può fare dentro se stesso; con dolore, scorticandosi l’anima, per riappropriarsi della propria vita, per cercare di essere felice comunque, nonostante il dolore, nonostante se stessi. Il mio destino sono io, scrive alla sorella, io che da timida ragazza che alle feste se ne stava in un angolo, ho preso un treno per la destinazione più lontana, senza voltarmi indietro. Io che ho cercato altrove il mio posto nel mondo, quando in realtà quel posto sono io. Io che piango e rido restando sempre viva, che non mi lascio più trascinare dagli eventi. Elsa non si racconta bugie come fa la sorella, e proprio per questo affronta tutto, il ricordo, il suo passato, e lo strazio senza fine della separazione dall’unico grande amore della sua vita: Adele.
Ripete dentro di se la poesia di Nazim Hikmet: i giorni sono sempre più brevi,le piogge cominceranno. La mia porta spalancata ti ha atteso. Perché hai tardato tanto? Ed è quello che noi lettori ci chiediamo: perché Adele tarda al punto da non rivedere mai più la sorella? Perché rimanda indietro tutte le sue lettere senza aprirle mai? L’amore malato per quell’uomo bugiardo, era forse più forte di tutto, dal momento che solo da lui in fondo ha accettato il tradimento? Adele, al contrario di Elsa, rimane uguale a se stessa, incapace di accettare quello che entrambe hanno fatto. Non ci è dato sapere se dopo aver ascoltato la storia di Elsa ed Adele, i quattro amici affronteranno le loro vite, i loro amori sbagliati e quelli taciuti. Quello che ci rimane è la riflessione dello scrittore, secondo il quale, ci sono amori che durano una vita intera e altri che bruciano in una notte; è solo questione di scadenza, se non vuoi soffrire devi conoscere i tempi.
Come un respiro
La vita scorre come un respiro, e dentro ci lascia la nostalgia per ciò che avremmo potuto fare, e la consapevolezza di ciò che siamo diventate. Il romanzo di Ozpetek si legge trattenendolo il respiro, scrutando tutti i personaggi come fossero li dinnanzi a noi. Siamo li che osserviamo i cambiamenti apportati alla casa dai nuovi proprietari. Restiamo li immobili, davanti a quella finestra che cela un fatto divenuto destino. Siamo li, mentre Sergio, Giovanna, Leonardo, Annamaria, Giulio ed Elena, osservano i loro amori e le loro vite. Siamo li seduti a tavola con loro,in cucina, mentre ascoltano Elsa prima, e dopo in salotto, Adele, accovacciati intorno a lei.
Come tutto ciò che Ozpetek scrive, anche questo romanzo palpita e si porta dentro una magia. La magia della vita che scorre mentre noi cerchiamo di afferrarla in tutta la sua bellezza; bellezza che si riflette nel mondo e nel mare, nel cuore e nell’amore. E in questo romanzo forse per la prima volta, Ozpetek descrive quella profondità viscerale che solo l’amore che viene dal sangue ti permette di sentire. Quella profondità inesplorabile, inespugnabile, indivisibile, incalcolabile. Come il mistero della vita. Come un respiro.
Cristina DI Maggio
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