Un tribunale di Tokyo, in Giappone, ha condannato due cittadini statunitensi accusati di aver aiutato l’ex capo di Nissan e Renault, Carlos Ghosn, a scappare dal Giappone e arrivare in Libano, nonostante fosse in libertà vigilata con condizioni molto restrittive: era in attesa di essere processato per le accuse di aver deliberatamente sottostimato i propri compensi nei report alle autorità di borsa e di aver utilizzato beni aziendali a fini personali quando era a capo di Nissan.

I due condannati sono Michael Taylor, ex membro delle forze speciali dell’esercito statunitense ed esperto in antiterrorismo, che lavora da tempo nella sicurezza privatae suo figlio Peter. Il primo è stato condannato a due anni di carcere e il secondo a un anno e otto mesi.

I due statunitensi erano stati arrestati nel maggio del 2020 in Massachusetts, negli Stati Uniti, dopo che il Giappone aveva emesso un mandato d’arresto internazionale nei loro confronti. Erano stati estradati in Giappone lo scorso marzo e si erano dichiarati entrambi colpevoli.

I due, insieme a una terza persona, George Antoine Zayek, cittadino libanese con passaporto statunitense che lavora per alcune società di Taylor, erano accusati di aver partecipato all’organizzazione della rocambolesca fuga di Ghosn, avvenuta il 29 dicembre del 2019. Di Zayek, al momento, non si hanno notizie.

Secondo i magistrati giapponesi i Taylor avrebbero ricevuto circa 1 milione di euro da Carlos Ghosn per averlo aiutato a fuggire e altri 400mila euro per coprire eventuali spese legali. Nei confronti di Ghosn pende ancora un mandato di cattura internazionale emesso dal Giappone, a cui è seguita una red notice dell’Interpol, ovvero una richiesta di localizzare, arrestare ed estradare un criminale o sospetto tale. Ghosn si trova ancora in Libano, che gli ha vietato di lasciare il paese, e difficilmente verrà estradato in Giappone, dato che tra i due paesi non c’è un accordo sull’estradizione.

Nel dicembre 2019 l’ex amministratore delegato della Renault-Nissan ha fatto qualcosa che poteva portarlo a vivere il resto della vita da uomo libero o a morire in prigione. Accusato di aver commesso reati finanziari per quasi 90 milioni di euro, è scappato dagli arresti domiciliari in Giappone e ha lasciato il paese con un jet privato. “Ho corso un rischio enorme”, dice con sorprendente distacco.

A Beirut, in Libano, sono le nove e mezza del mattino e il latitante più famoso del mondo mi parla mentre attraversa via Abdel Wahab el Inglizi ed entra nell’hotel Albergo con la moglie Carole. È uno dei pochi hotel della città ancora aperti dopo la grande esplosione avvenuta al porto lo scorso agosto. La casa di Ghosn è stata danneggiata, ma per lui questa città martoriata è un paradiso. “Posso stare con mia moglie e i miei figli, che pensavo di non rivedere mai più”, dice sorridendo.

Carlos Ghosn, che ha trasformato la Nissan da rivale in difficoltà della Toyota e della Honda in un marchio mondiale e ha costruito il più grande stabilimento automobilistico del Regno Unito, è stato arrestato nel novembre 2018 con l’accusa di aver nascosto al fisco decine di milioni di euro di guadagni. Accuse che lui nega. È stato in isolamento in una gelida cella di Tokyo per 130 giorni e poi agli arresti domiciliari. Ma a dicembre del 2019 Ghosn, 66 anni, è scappato su un aereo per Istanbul e poi su un altro per Beirut.