Ieri è avvenuto l’arresto, al confine tra gli Stati Uniti e il Messico, di 24 cittadini dell’Honduras e 15 messicani, che hanno tentato di superare la frontiera di El Chaparral che da Tijuana porta al territorio californiano di San Diego.
Il Presidente Donald Trump, per fermarne il passaggio, ha ordinato l’uso della forza armata e di lacrimogeni e gas contro i cittadini presenti al varco, comportando il ferimento e l’intossicazione anche di bambini a piedi scalzi che si trovavano nei pressi della barriera. Trump ha inoltre dichiarato di essere disposto a spendere oltre 5 Bilioni di dollari per erigere il muro che separerà definitivamente il territorio messicano dagli U.S.A., malgrado all’opposizione, i Democratici, ritengano che la cifra non debba superare l’1,6 Bilioni. “Lo pagheranno i Messicani“, assicura il Presidente, sempre più convinto che questa barriera possa essere la soluzione alla criminalità e alla clandestinità.

E’ abbastanza evidente che Trump non tenga in conto della situazione di profonda emergenza in cui queste popolazioni si trovano: come riportato dalla rivista UN News, in un servizio sui diritti umanitari, solo nei primi sei mesi del 2018 oltre 25.000 persone, tra donne e bambini, sono stati soggetti a deportazioni, dopo aver raggiunto gli Stati Uniti ed il Messico partendo da El Salvador, dall’Honduras e dal Guatemala. Nono stante le costanti battaglie dei rappresentanti dell’Unicef dei Paesi dell’America Centrale, molti bambini appartenenti a famiglie emigrati che fuggono da situazioni di violenza, criminalità e povertà, sono stati separati, con la forza, dai loro genitori, subendo una vera e propria deportazione ad opera del Presidente Trump e sviluppando, di conseguenza traumi di una portata psicologica e fisica indescrivibili, denunciati da tutte le organizzazioni umanitarie, nonché dalla stessa first Lady Melania Trump e dalla figlia del Presidente, Ivanka, che hanno deciso di visitare i campi di detenzione e di intercedere in favore del ricongiungimento dei poveri piccoli con le loro famiglie.

Il Messico, Stato che conta il più alto tasso di femminicidi e delitti di stampo delinquenziale, versa ora come non mai in una situazione di estrema emergenza, per risolvere la quale è in primis necessario un intervento di politica interna, attraverso una serie di riforme e provvedimenti che, a quanto pare, in questi ultimi sei anni, il Presidente Enrique Peña Nieto non è stato totalmente in grado di attuare. Nieto, pur avendo precisato a Donald Trump, durante un loro incontro, che più di sei milioni di posti di lavoro, negli Stati Uniti, dipendono dai rapporti commerciali intessuti con il Messico, sembra aver infatti disatteso le aspettative dei suoi elettori, che gli hanno preferito, nelle elezioni dell’1 luglio 2018, l’avversario politico di sinistra Andreas Manuel Lopez Obrador. Quest’ultimo entrerà in carica, effettivamente, tra qualche giorno, cioè l’1 dicembre 2018, e ha già intenzione di adottare una economia domestica che limiti le esportazioni di petrolio e ridia al Messico un ruolo di primo piano nel settore produttivo, secondo il suo progetto  Mexico First.

Obrador, che ha promesso che inviterà Papa Francesco in Messico, per fare in modo che la questione popolare del Paese divenga una questione non soltanto umanitaria, ma anche etica rispetto al ruolo svolto dalla Chiesa, il 1 ottobre ha stipulato un accordo trilaterale con Donald Trump ed il Canada per il libero commercio.

In attesa dell’effettiva ascesa di Obrador, ci si augura che la situazione dell’America centrale e, in particolare, del Messico, possa avere una svolta positiva, ricordando che dietro quei migranti che l’America etichetta come carovane di criminali, vi siano cittadini, famiglie e povera gente che, come tutti, cercano rifugio e salvezza dagli stupri e dai soprusi in un sogno Americano che, col muro, sarà infranto già in partenza.

GIORGIA MARIA PAGLIARO