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Settembre 7, 2024, sabato

Contessa, la timida band de I Cani

Scendi in superficie, solo, sali in profondità.

Dove lavoro è pieno di belle fighe. Tra tutte queste bamboline esotiche, ce n’era una che proprio mi dicevo: “Oh lei è un fiorellino”. Non che lo fosse “Assolutamente”, d’altronde, è così soggettivo tutto ciò. Però, sai, nel suo atteggiamento un po’ originale, quel buco tra gli incisivi, quei capelli grossi e tanti. Non lo so, mi sembrava proprio una forte. Poi ho visto il suo instagram e ho pensato:

selfie di T.P

“DELUDENTE”.

“io ti ho dato prati di viole e tu cemento armato”

Cemento Armato, Il Cile.

C’è un ragazzo di cui voglio essere amica, non lo conosco bene. Lo conosco un po’ e nei nostri incontri brevi c’è la sospensione di uno sguardo curioso ed imbarazzato, come un

rapido fremere d’occhi: desiderio elusivo di penetrare. A(f)fondo.

indugio cortese che, alla fine,

prevale.

E si resta sull’uscio di uno sguardo che non trabocca, solo bussa: “toc, toc”.

Che guaio la solitudine.

Comunque questo è un articolo sulla musica.

Vorrei scrivere di Niccolò Contessa, ma che c’è poi da scrivere su I Cani? Certo c’è un motivo perché lui e non altri.

Si sa poco di Niccolò, per anni si è esibito con un sacchetto di carta in testa, è un cantante, produttore, musicista, autore. Dal 2016 non si sa che combini. Il suo ultimo album è Aurora. Non ha un profilo sui social.

Tamburino

Notizie sterili. Sinceramente, si possono trovare ovunque. E parlare delle sue canzoni, per dire che? Non aggiungerei nulla che non possano fare dei professionisti competenti, quindi, dando retta a me stessa (in verità è una citazione di Bambi): “quando non sai che cosa dire, è meglio che non dici nulla”.

Perché non è vero che questo articolo parla di musica, né il precedente di moda, né quello prima d’arte. Sto sempre e solo parlando d’identità.

Filottete

I primi due dischi di Niccolò a me non piacciono. Se non fosse per Aurora, non avrei scelto I Cani; è solo con quest’ultimo che riesco ad avere un dialogo personale, che il mio sguardo trabocca e la curiosità per il musicista si accende. E qui registro la prima anomalia giacché, di solito, accade proprio il contrario: comincio a seguire un gruppo, siamo sulla stessa lunghezza d’onda, ci credo, sono d’accordo, sorprendente, finalmente! E invece niente, appena appena sfiorano la vetta, si bruciano e cadono come gli eroi di Filottete. Contrario al fa Niccolò che non mi conquista alla prima uscita, nemmeno alla seconda ma alla terza. Inizia con canzonette che riguardano la Roma dei romani di Roma (già fatto) e varie tematiche liceali (fatto) inserendo gin-tonic e Caterine, pranzi di Natale e la signora Nabokov. Come scrivesse un “caro diario” sincopato, che avrei potuto farlo anch’io, se non odiassi l’hipsteria. Lo so, è oltraggioso ma abbastanza veritiero.

Poi, dopo ore di discorsi inutili e masticati, tira fuori qualcosa come protobodhisattva. Al che gli domando: “cosa?” E lui risponde: “basta cercare la notte su google il mio nome”.

In parole povere, si siede e lavora. Ma non lavora per l’audience, per i soldi, per noi, adorato pubblico di fans, no. Lavora per se stesso. Seduto e composto compone, piano, si spia dalla serratura. Un racconto intimo, in cui non c’è il personaggio di se stesso, quello che vorrebbe essere, potrebbe o dovrebbe. È così semplice, così sincero. Per questo amo Aurora. Perché mi chiede: “vuoi il culo o la fica?”. Non mi vuole accattivare con parole assurde tipo “paracetamolo” o dio sa cos’altra diavoleria indie/pop, ma mi invita a cercare su internet calabi-yau. Io credo che oggi sia fondamentale per la musica andare in questa direzione. I discorsi sull’amore sono arrivati al capolinea. Lo sappiamo già che ti sei innamorato, che lei era bella, che hai fatto un casino o farai un casino, che è finita o che non finirà. Non parlarmi d’amore, meglio l’economia.

No scherzo, è un riferimento alla prima canzone dell’album.

Quello che credo, è che è fondamentale per la musica sedurre con il potere della cultura. Non vorrei che si pensasse ad esempi esasperati come Battiato o Guccini, va bene anche meno. Vorrei che la musica non fosse per i musicisti una puttana con cui scoparsi da soli e sentirsi degli eroi, piuttosto uno strumento d’indagine per conoscere il mondo e scoprirsi l’anima.

Perché è così deludente credere che Tommaso Paradiso fosse così bravo ed invece trovarlo mediocre, alla fine dell’estate. Mi ricorda tanto quella ragazza, quel fiorellino di cui sopra, lui e tutti quei musicisti che potevano fare gli artisti ed invece si sono accontentati di campare di musica.

Non so se il discorso sia chiaro.

Immagine correlata

Niccolò mi piace. Non è un outsider, ok? Non è uno sfigato, uno di quei perdenti per cui normalmente provo simpatia perché un po’ mi rappresenta. No, no, no. Realisticamente è un ragazzo di trenta e passa anni che invece di spingere l’acceleratore, nel momento dell’impatto con il main-stream, rallenta. E gli sono grata per questo. Come tanti, avrebbe potuto sbrodolare fuori un nuovo singolo all’anno, interviste, selfie, video. Calcare un po’ la voce, cavalcare l’onda, innamorarsi della propria immagine riflessa sulla copertina del cd. Fare una canzone per cui si disprezza, ci si riscatta e si ringrazia.

Grazie al cielo, invece, rallenta. Preserva la sua identità dalla fama perché è un beat, e ci si ritrova a confondersi con il personaggio. E sono camicie vintage, orecchini d’argento, espressioni mascherate, pantomima di se stessi.

“Frantumare le distanze. Superare resistenze

E riconoscersi per creare.”

Cerchi nell’acqua, Paolo Benvegnù

Consiglio ai musicisti in ascesa di tirare il freno e mettersi a leggere un libro. Di fare un viaggio e perdersi. Di prendere tempo ed ascoltare un’artista a noi lontano, proprio lontano da chi pensavamo di essere. Consiglio di restare in silenzio. Perché la nostra sola identità è nostra solo se (ri)conosciuta da vicino, intimamente ed attraverso la conoscenza. In maniera naturale, come il tempo, senza fretta.

Non vendete i vostri sogni, siate dei fuoriclasse.

Lui assenzio e poesia

Tu senza poesia

Lui ha fede

Tu ti senti il messia”

Mica Van Gogh, Caparezza

Mi rendo conto di come vanno le cose oggi. C’è troppa democrazia. Si, ho detto che c’è troppa democrazia. A volte va bene, come nel caso di Niccolò, che carica un paio di canzoni su you-tube ed esplode, ma è ormai troppo evidente che, spesso, la rete genera mostri. Non sono più le etichette discografiche a scegliere gli artisti e farli conoscere al pubblico, è il pubblico stesso che sceglie gli artisti e li fa conoscere alle etichette. Non ditemi che è una bella storia. Non ditemi che siete contenti di sapere chi sono la DARK POLO GANG. Il pubblico, io, voi, il popolino, è ignorante, per cui, se gli lasciate la possibilità di fare e disfare, sceglierà qualcosa che gli somiglia. Qualcosa di mediocre, vuoto, sterile. Non va bene dire: “fa ascolti”, “fa soldi”. Non va bene no! Posso comprenderlo se riferito alla moda; come nel caso di Balenciaga per cui si può continuare una politica d’immagine antiestetica, che poi alla fine vende, ma vi prego, non nella musica. E questo è un discorso che i musicisti stessi devono assimilare e portare avanti, se credono in ciò che fanno.

Ok, ogni tanto magari, bisogna cantare una hit estiva per racimolare i soldi del prossimo progetto, va bene seguire l’esempio di Daniele Silvestri e far uscire ogni tanto un “Salirò” ma solo se sarà utile a spianare la strada per la prossima “Autostrada”.

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