A distanza di un anno e mezzo dall’inizio della pandemia di Covid-19 si torna a parlare di come il virus abbia avuto origine. Da quando Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca, infatti, non ha mai fatto mistero di non essere soddisfatto del primo report ricevuto e che bisogna “andare avanti su due possibili scenari: il virus può essere emerso dal contatto tra uomini e animali infetti; oppure può essere derivato da un incidente di laboratorio”.
D’accordo con 13 paesi dell’Unione europea gli Stati Uniti stanno facendo forti pressioni per aprire un’inchiesta internazionale che sia trasparente e basata su dati scientifici, visto gli esiti poco convincenti delle precedenti missioni dell’OMS all’Institute of Virology di Wuhan.
I dubbi della comunità scientifica
Delle 313 pagine pubblicate il 20 marzo 2021, a seguito della visita di un team internazionale a Wuhan, solo quattro sono dedicate all’ipotesi dell’incidente in laboratorio, che viene definito solo “decisamente improbabile” ma che non può essere escluso per mancanza di prove certe.
Il 13 maggio un team di virologi pubblica una lettera sulla rivista Science nel quale esprimono forti dubbi sull’attendibilità dei dati forniti dalle autorità cinesi: “La ricerca è stata costruita sulla base dei dati forniti dagli scienziati locali; gli altri non hanno avuto accesso diretto agli accertamenti sul campo. Inoltre, nonostante non ci siano prove in un senso o nell’altro, il rapporto è estremante sbilanciato”.
La risposta della Cina
Pechino ovviamente respinge tutte le accuse e attacca gli Stati Uniti di voler coprire il fallimento della loro reazione alla pandemia. Il direttore del Laboratorio di biosicurezza di Whuan, il dottor Yuan Zhiming, ha recentemente dichiarato che “questa storia è una falsità costruita sul niente”.
Alle accuse sulla mancanza di trasparenza dei dati forniti la risposta è stata: “In base alla nostra legislazione, alcuni dati non potevano essere consegnati o fotografati, ma li abbiamo analizzati insieme ai colleghi stranieri e tutti hanno potuto vedere il database”.
Ci sono poi le notizie definite false o tendenziose dalle autorità cinesi, come quella che tre virologi dell’istituto di Wuhan ammalatisi a novembre 2019 per cui non si è mai riusciti a stabilire se fosse Covid-19 o una semplice influenza, come invece sostengono da Pechino.
O quella della virologa Shi Zhengli, soprannominata la “bat-woman” cinese per aver passato 15 anni a studiare i pipistrelli nelle loro grotte. La scienziata ha inizialmente ammesso di essere stata assalita dal dubbio se potesse essere uscito dal loro laboratorio ma “Nessun abitante di quella zona ha avuto il Covid-19. Così, la teoria secondo cui il paziente zero viveva vicino alla zona mineraria di Tongguan nello Yunnan e poi ha viaggiato fino a Wuhan è falsa”.
Quel che è certo è che, purtroppo, siamo ancora ben lontani dal mettere la parola fine a questa storia.
Valerio Altieri