Convenzione di Istanbul: ecco chi in Unione Europea intende demolire la Carta contro violenza sulle donne, solo Turchia e Polonia.
Convenzione di Instanbul: ricorre il decimo anniversario
Il decimo anniversario del varo della Convenzione del Consiglio d’Europa è da poco avvenuto. Si è parlato della prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
La Convenzione di Istanbul è stata approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e sottoscritta da un primo gruppo di Stati l’11 maggio 2011 a Istanbul. Per la prima volta, un trattato dichiara che la violenza di genere è strutturale e ha radici storiche fondate sull’ineguaglianza tra uomini e donne, definendo i ruoli di genere come socialmente costruiti.
Per questo la Convenzione di Istanbul è “odiata” dai movimenti fondamentalisti. Questi l’hanno presa di mira in Europa e nei Paesi che aspirano a farne parte.
Italia nella convenzione di Istanbul
La Convenzione è stata ratificata attualmente da 34 Paesi, l’Italia lo ha fatto nel 2013. La ratifica da parte di uno Stato è giuridicamente vincolante. Ciò significa che obbliga ad adeguare l’ordinamento civile e penale per prevenire la violenza di genere, tutelare le vittime e punire chi la agisce (motivo per cui alcuni Stati la firmano ma non la ratificano).
L’Unione europea l’ha sottoscritta nel 2017. Tuttavia sei Stati membri non l’hanno ancora ratificata: Bulgaria, Repubblica ceca, Ungheria, Lituania, Lettonia, Slovacchia (prima di gennaio 2020 questo elenco avrebbe incluso anche il Regno Unito).
Nel 2017 la Convenzione è stata ratificata dall’Unione europea ma solo per due mandati: cooperazione in questioni criminali e asilo. Il processo di ratifica complessivo è oggetto di un aspro conflitto tra le istituzioni europee che vede da una parte schierata la Commissione e Parlamento pro ratifica, dall’altra il Consiglio dei ministri dell’Unione europea (quindi gli Stati) contro.
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Articolo di Maria Paola Pizzonia