Chi in Ue vuole demolire la Carta contro violenza sulle donne?
Convenzione di Istanbul: perché non preoccupano solo Turchia e Polonia
È del 20 marzo il decreto governativo che sancirebbe il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan, lo stesso che 10 anni fa l’ha sottoscritta per primo, è responsabile. Erdogal ora l’accusa di essere usata da alcuni gruppi per “normalizzare l’omosessualità”. Si tratta ovviamente di una risposta inaccettabile. Questo considerato anche il contenuto della convenzione e le sue ragioni storiche.
Ma non è tutto, le questioni che ruotano attorno alla convenzione sono molteplici. In Turchia il distacco dalla Convenzione di Istanbul viene giocato dal governo in chiave nazionalistica.
La convenzione di Istanbul è una garanzia per i diritti delle donne:
I profili twitter governativi turchi e le dichiarazioni ufficiali proclamano la difesa dei diritti delle donne e l’intenzione di implementare leggi contro la violenza sulle donne. Tuttavia sembra ci siano delle difficoltà a volerlo fare. Questo soprattutto nella cornice nazionale, fuori da pressioni esterne. Ma soprattutto soprattutto nel solco della tradizione islamica.
Hanno chiesto a Berfu Şeker, dalla organizzazione turca Women for Women’s Human Rights (WWHR) – New Ways, di fornire un quadro della situazione.
“Quando a luglio scorso Erdoğan e l’AKP (Partito turco per la giustizia e lo sviluppo) hanno dichiarato l’intenzione di ritirarsi dalla Convenzione, le reazioni dell’opinione pubblica hanno fatto fare un passo indietro al governo. Ci sono state enormi proteste da parte delle donne, delle giunte comunali, del settore privato ecc. Anche alcune donne nell’AKP hanno difeso la Convenzione. Purtroppo è da anni che i gruppi contro i diritti delle persone LGBT, che sono anche gruppi fondamentalisti, fanno campagne sempre più intense contro la Convenzione di Istanbul. La pandemia ha aggravato la crisi economica in Turchia con la conseguenza che i gruppi fondamentalisti diventano sempre più potenti e le loro richieste vengono soddisfatte dal governo per restare al potere. In questo momento in Turchia vediamo un attacco politico contro il concetto di gender’ e contro i diritti delle donne e delle persone LGBT+ sulla base dei valori tradizionali e delle famiglie tradizionali”.
Berfu Şeker per ilfattoquotidiano.it.
Omofobia in Turchia e ragioni politiche:
L’omofobia di questo governo non solo è esibita alla luce del sole. Essa è anche esercitata attraverso la violenza istituzionale.
Sia Erdoğan che il Ministro degli interni, l’esponente di centro-destra Süleyman Soylu, hanno giustificato l’arresto di 159 persone avvenuto il 2 febbraio. L’arresto è avvenuto durante manifestazioni studentesche contro la nomina a rettore dell’Università Bogazici di Melilh Bulu. Questi ha ottenuto la carica pur non avendone i titoli ed è legato al partito islamista AKP.
Un post di Süleyman Soylu è stato oscurato da Twitter per i suoi contenuti di odio verso la comunità LGBT.
Tuttavia ritirare uno Stato da un trattato internazionale già ratificato non è così semplice. Il conflitto continuerà sia nelle piazze che lungo i percorsi legali. Spiega Berfu Şeker:
“La legge n. 6251 con cui il Parlamento ha messo in vigore la convenzione non è stata cancellata. L’ufficio delle comunicazioni del presidente ha dichiarato che non c’è bisogno di portare un disegno di legge al Parlamento per cancellare questa legge, la ‘decisione’ è in vigore ma, come sottolineano gli avvocati che lavorano nel campo dei diritti umani, questo non è in linea con le procedure della giurisprudenza. Gli ordini degli avvocati, le organizzazioni delle donne e i partiti dell’opposizione stanno intentando cause contro il Consiglio di Stato per annullare la decisione presidenziale, dicendo che ritirarsi da una convenzione sui diritti umani fondamentali è contrario alla costituzione”
Berfu Şeker per ilfattoquotidiano.it.
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Articolo di Maria Paola Pizzonia