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Settembre 8, 2024, domenica

Coppa America: gioia, rabbia e lacrime di capitano

Il 3 a 1 del Brasile di ieri contro il Perù ha consegnato la Coppa America alla Seleção, chiudendo i battenti all’edizione 2019. Un’edizione segnate da tre grandi figure. Tre capitani con tre stati d’animo molto diversi l’uno dall’altro: Dani Alves, Paolo depredador Guerrero e Lionel Messi.

Gioia di capitano

Vincere la Coppa America al Maracanã. I verdeoro sono riusciti in quello che mancarono al mondiale casalingo del 2014. Lo hanno con fatto un Gabriel Jesus, un Coutinho, un Casemiro, un Allison, un Everton, un Firmino in più. Insomma, un 11 completamente rinnovato dopo appena 5 anni dal Mineirazo. Chi c’era, in quella nottata nefasta per il Brasile contro la Germania, anche se in panchina, era Dani Alves, che a 36 anni è diventato capitano e trascinatore della Seleção.

Dani Alves solleva la Coppa America, il suo quarantesimo titolo personale (fonte: dal web)

Sulla fascia destra il capitano brasiliano ha corso su e giù creando gioco e donando anche una sorprendente solidità difensiva alla sua squadra in missione dal 1’ della prima giornata in questa Coppa America.

Il capitano si è consacrato, in caso ce ne fosse stato bisogno. Il terzino ex Barcellona ha sollevato la nona Coppa America del Brasile, passatagli dalle mani del presidente Bolsonaro subissato dai fischi dello stadio più bello del mondo che ha ripreso vigore e gioia solo quando l’ex Juve ha alzato al cielo il suo personale titolo numero 40. Un Brasile tornato grande (in campo) e gioioso (sempre in campo). Ma, il Brasile, è stata la squadra migliore della Coppa America 2019? 12 gol fatti e 1 solo subito farebbero pensare di sì. Ma è comunque difficile a dirsi, soprattutto dopo la semifinale contro l’Argentina vinta all’“italiana” e con due episodi più che dubbi dentro la propria area.

Rabbia di capitano

L’Argentina, giunta terza in questa Coppa America, è rimasta con l’amaro in bocca per quei due rigori non fischiati (e non valutati al VAR) più che dubbi in semifinale. Anzi, più che di amaro in bocca, infatti, si può parlare di vera e propria rabbia. Una rabbia di quelle che si vedono raramente. Ma il Paese si è potuto aggrappare ad un capitano finalmente maradoniano: Lionel Messi.

Messi furente con l’arbitro dopo l’espulsioine contro il Cile nella finale di Coppa America (fonte: dal web)

Oltre che in campo, infatti, Messi si è scagliato contro la Conmebol: “non dobbiamo essere parte di questa corruzione”. Una dichiarazione d’ira che potrebbe portare grosse conseguenze. La federazione continentale sta infatti riflettendo ad una maxi squalifica di due anni. Ma, è ovvio, vedere le partite fra nazionali sudamericane senza Messi comporterebbe un danno economico importante.

Ma di certo c’è che Messi è finalmente diventato capitano come lo vogliono a Buenos Aires, Rosario, Mendoza, Cordoba e La Plata: un capitano con los huevos che parla quando deve parlare, dentro e fuori dal campo, e che rappresenta lo stato d’animo dello spogliatoio e dunque della nazione.

In campo l’Argentina e il suo capitano sono andati in crescendo in questa Coppa America. Male nel girone, bene ai quarti, molto bene in semifinale contro il Brasile e molto bene nella finalina per il terzo posto (contro l’incubo Cile) finita con l’espulsione abbastanza bizzarra di un furente Messi. “Mi hanno espulso per ciò che ho detto” ha dichiarato alla fine la Pulce prima di decidere di disertare il ritiro del trofeo. Che bella rabbia per provarci ancora con l’Argentina!

Lacrime di capitano

Il tigre Gareca ha alimentato un’altra volta la storia. Dopo aver riportato il Perù al mondiale dopo 36 anni, adesso è arrivata anche la finale di Coppa America dopo 44 anni. E questo grazie ad una squadra in crescita costante da anni, che si è illusa ed ha creduto all’utopia continentale grazie ad un capitano eccezionale: Paolo depredador Guerrero.

“Las lagrimas del Capitán” (fonte: instagram)

Guerrero – vero protagonista numero 1 di questa edizione del torneo continentale – si è elevato a qualcosa di più di un semplice capitano. Si è elevato a simbolo del Paese. Ha giocato una Coppa America strepitosa, segnando tre gol (tra cui quello del pareggio al Maracana), ma soprattutto conducendo la squadra da numero 10 mascherato da attaccante d’area. Ha fatto da padre, da bandiera, da fratello, da fantasista e da bomber. Un giocatore fantastico, un capitano valoroso ed eroico che si è dannato l’anima fino alla fine senza risparmiarsi mai. Ma l’utopia peruviana e il suo eroe con la fascia di capitano al braccio si sono schiantati su un blocco di cemento gigante: il Brasile padrone di casa. Ma non importa…Non importa depredador: i campioni non si dimenticano…non importa…

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