Cora nella spirale tra romanzo e racconto della crisi degli anni duemila
Cora nella spirale, il terzo romanzo di Vincent Message, il primo pubblicato in Italia dalla casa editrice L’orma tradotto da Nicolò Petruzzella e Riccardo Rinaldi, mette d’accordo critica e lettori.
Quando nel 2008 fallisce la Lehman Brothers, Wall Street crolla. L’onda d’urto è spaventosa e impatta anche l’altra sponda dell’oceano. Al rientro dal congedo di maternità, Cora Salme, impiegata nel settore marketing della compagnia assicurativa parigina Borélia, si ritrova alle prese con nuovi capi e con un ambiente molto più competitivo e asfissiante. Le parole d’ordine sono ottimizzazione, rinnovamento, ristrutturazione.
Barcamenandosi tra l’ufficio, il compagno Pierre e la piccola Manon, Cora cerca faticosamente di inventare uno spazio per se stessa. Senza accorgersene finisce per cadere in una spirale dalla quale non riesce a uscire. Poi in un mattino di giugno tutto precipita e il dramma che si ordiva da mesi arriva, irrimediabile.
Intervista all’autore Vincent Message
Abbiamo intervistato l’autore, parigino, classe 1983, docente di letteratura comparata a Paris-VIII e co-direttore dal 2013 di un master di scrittura creativa, in occasione della fiera “Più libri più liberi”.
Cora nella spirale è un libro che per molte cose, soprattutto nei primi due terzi, mi ha ricordato i film dei fratelli Dardenne. Soprattutto per quell’aria sospesa tra semplicità e profondità, quotidianità e poesia, finzione e realtà. Cosa hai sentito prima: l’urgenza di raccontare la storia di Cora, donna, madre e lavoratrice della Borélia o il destino di un’azienda in crisi?
Amo i film dei fratelli Dardenne, che sanno dare molta dignità a personaggi ordinari, e questo paragone mi tocca. La sfida era proprio quella di mettere in relazione il ritratto di una donna con la storia dell’evoluzione di un’azienda in tutta la sua complessità. Se seguissimo solo Cora, forse avremmo meno comprensione della responsabilità indiretta dell’azienda nella tragedia che l’ha colpita. La molteplicità dei punti di vista, in particolare attraverso le testimonianze raccolte da Mathias, il narratore, sono state al centro del progetto: ci permettono di vedere quali costrizioni ogni persona subisce in Borélia, a tutti i livelli di gerarchia, e quale grado di violenza le persone sono disposte ad accettare o a far subire.
Raccontare le donne come Cora oggi
Cora nella spirale si apre con il primo giorno di lavoro di Cora dopo la maternità e affronta in vari punti le difficoltà che una donna subisce sul posto di lavoro. Per come si svolgono i fatti, è fondamentale che la protagonista sia una donna. Ultimamente sempre più spesso leggiamo e vediamo storie con personaggi femminili forti nonostante le loro imperfezioni e più liberi dagli stereotipi. Secondo te sta cambiando qualcosa nel modo di raccontare le donne e le madri?
Sì, penso che la nuova ondata di femminismo ci stia rendendo tutti più consapevoli riguardo alla rappresentazione delle donne. Si tratta di non confinarle più nei soliti ruoli, quelli tradizionalmente assegnati al polo “femminile”, ma di mostrarle in registri d’azione più vari. Per esempio, ho ritenuto necessario che Delphine e Cora discutessero insieme della gestione finanziaria e dell’evoluzione di Borelia, in modo che queste conversazioni di materia economica non fossero viste come appannaggio esclusivo di uomini.
Cora, emblema di una generazione
La protagonista di Cora nella spirale appartiene a quella generazione che ha rinunciato ai propri sogni, nel suo caso fare la fotografa a Berlino, per il posto fisso per poi scoprire, in seguito ai cambiamenti dovuti ai disastri finanziari globali, che neanche questo assicurava un futuro sicuro. Per non aver fatto un salto di qualità, ora occupa una posizione di marketing che le sembra un buon compromesso per costruire una famiglia e proiettarsi nel futuro. Senza contare che nel 2010 la crisi di cui si preoccupano i media da due anni raggiunge improvvisamente l’azienda. A quel punto nella sua vita tutto va in tilt, anche il suo rapporto di coppia. Il capitalismo è colpevole dell’insicurezza di Cora e dei suoi coetanei anche nelle relazioni e nella vita relazionale?
La crisi è diventata il modo di essere permanente del capitalismo. Il sistema è insostenibile e continua a farci vivere al di sopra dei nostri mezzi: questo è stato chiaro con la crisi del 2008, ed è ancora il caso della crisi ecologica e dell’estrazione petrolifera che sfrutta gli ecosistemi a un ritmo molto superiore alla loro capacità di rigenerarsi. Il romanzo mostra che non c’è più un posto “sicuro” in una tale economia: la maggior parte dei campi professionali sono diventati luoghi in cui i lavoratori sono sotto pressione, e la precarietà sta colpendo persone che prima ne erano relativamente toccate, come i manager.
Raccontare la pandemia
Il crollo della Lehman Brothers è stato un evento globale che ha generato molte nuove povertà, come la pandemia di covid19 e che è stato motore per la narrazione di tantissime storie. Tu insegni letteratura e scrittura creativa, pensi che già il momento di raccontare la pandemia o è ancora un avvenimento troppo recente?
Penso che si possa cercare di raccontare il presente, e il mio nuovo romanzo, Gli anni senza sole, che uscirà a gennaio 2022, è ambientato proprio nel primo periodo della pandemia, da marzo a dicembre 2020. Ho sentito di avere troppa poca distanza per concentrarmi sulla crisi sanitaria, ma sono molto interessato alle restrizioni di movimento e di relazioni sociali, cambiamenti improvvisi che hanno un carattere antropologico che non abbiamo ancora compreso appieno. La struttura del romanzo è segnata da questo brutale restringimento delle nostre possibilità di vita.
Le due anime del romanzo
Nell’ultima parte di Cora nella Spirale, alcuni colpi di scena eclatanti modificano senso e prospettiva della storia– è difficilissimo farti questa domanda senza spoilerare– trasformando quella che sembra la storia di una donna in cerca di uno spazio per se stessa in un’eroina contemporanea, e quello che sembra un semplice reportage in un’ opera letteraria, e rendendo il romanzo impossibile da catalogare in un genere preciso. Sapevi da subito in che direzione saresti andato?
Ho iniziato a pensare al romanzo nell’estate del 2009, ma non ho avuto l’idea del dramma culminante fino all’autunno del 2010. Anche la prospettiva narrativa ha avuto bisogno di tempo per stabilizzarsi. Ho trovato interessante che la vita di Cora sia descritta da un narratore che indaga sugli eventi anni dopo, e che la racconta con la precisione e l’attenzione ai dettagli che è più tipica della non-fiction narrativa. Questo era uno degli aspetti stilistici per me più importanti. Scrivere narrativa pura, ma così precisa, così ben documentata da far credere che Cora esista e che questi eventi siano realmente accaduti.
I luoghi del romanzo
La metropolitana di Parigi è uno dei luoghi ricorrenti del romanzo come se quel mondo sotterraneo fosse la metafora dell’oscuro che c’è in ognuno di noi che a volte prende il sopravvento. Per te è un luogo simbolico?
Prima di tutto, è un luogo molto prosaico. Un luogo che frequento quotidianamente e dove, come molti abitanti delle grandi città, ho l’impressione di essere derubato di ore preziose del mio tempo. Renderlo un luogo più mitico è fondamentalmente un modo di resistere alla sua natura deprimente. Sublimare la natura prosaica della metropolitana per riconnettersi con il potere del sottosuolo, con il sotterraneo, con l’aspetto ctonio delle città. Ecco perché Cora e il suo amico maliano cominciano anche a frequentare le vecchie catacombe, con la pietra calcarea con cui fu costruita Parigi.
Cora, un’eroina femminista
Cora lotta con tutta se stessa per sentirsi viva con un anticonformismo che la porta a mettersi in discussione continuamente. E’ un personaggio femminista?
Sì, penso che sia spinta da un desiderio di emancipazione, di avere una vita all’altezza dei suoi sogni. È costantemente alla ricerca di nuove esperienze e di una forma di intensità… Ma è anche ben consapevole che la dispersione, o il dispendio di energia che quest’intensità implica, possa portare a rotture devastanti. Cora fa parte della prima generazione di donne che aspirano a realizzarsi sia nella famiglia che nel lavoro, così come negli impegni artistici e di attivismo.
Vuole essere su tutti i fronti, e trova difficile accettare che questo non sia possibile. Mi identifico molto con tale atteggiamento; tuttavia penso che questi desideri multipli e talvolta contraddittori siano ancora più prevalenti per le donne, specialmente nella fase critica dei loro trent’anni.
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