Rebel Moon ha tanti problemi. Zack Snyder abbiamo imparato a conoscerlo bene negli anni e ormai non dovrebbe più stupire la sua politica di scrittura, messa in scena e regia. Gli stilemi a cui è ancorato il regista in Rebel Moon ci sono veramente tutti, non se ne salva uno, ed è ormai impossibile che Snyder tolga dalla sua idea di cinema elementi così vetusti. La prima pellicola di quella che dovrà essere una trilogia (almeno nella testa del regista) si sente essere la prima volta in cui ha avuto pieno controllo sul prodotto. E probabilmente non è stato un bene. Ma nonostante questo e le stroncature da praticamente tutta la critica (internazionale e non), Rebel Moon ha fatto registrare quasi 24 milioni di stream su Netflix nei suoi primi tre giorni di vita, a riprova che Snyder, volenti o nolenti, smuove le masse con le sue produzioni e che ha, ancora, un discreto numero di adepti. In questo articolo proviamo, pezzo per pezzo, a sviscerare tutti ciò che non funziona e c’è di sbagliato Rebel Moon Parte 1: Figlia del fuoco.
Rebel Moon: i personaggi
Partiamo con quello che dovrebbe essere l’elemento portante di ogni pellicola: i suoi personaggi. Quelli di Rebel Moon sono praticamente macchiette con cui è impossibile entrare in sintonia. Non c’è uno spiraglio per le emozioni, per l’empatia verso di loro e le vicende che li riguardano. Persino i Flashback che dovrebbero far legare con la protagonista Kora sono portati allo stremo dalla filosofia muscolare di Snyder, impedendo ogni tipo di connessione. E nonostante la scelta di attori che nella loro carriera hanno dimostrato di saper fare il loro lavoro, poco possono fare di fronte ad una scrittura di così poco spessore. Forse l’unica figura che si salva è il generale Noble, che per quanto macchietta anch’esso, è talmente tanto esagerato da suscitare almeno qualcosa nello spettatore. Ogni persona all’interno di Rebel Moon è la riproposizione di qualcosa di già visto e già sentito. Ma non trasmette l’idea di famigliare, ma di mera riproposizione in scala 1:1 di tanti personaggi passati per il cinema Fantascientifico.
Derivativo
Ed il secondo punto è proprio di questo che parla. Se i personaggi non hanno personalità perché non sono nuovi, non hanno aspirazioni e individualità diverse da altre centinaia è a causa di una vena derivativa del film troppo pressante. È evidente come Rebel Moon fosse stato scritto originariamente per essere ambientato nel mondo di Star Wars, scartato solo dopo l’acquisizione della Lucas Film da parte di Disney. Ma gli elementi derivativi e che deve al mondo di guerre stellari, in questi anni, non sono stati eliminati o quanto meno smussati. I personaggi, l’ambiente, la storia in sé per sé sono tutte derivazioni di Star Wars (che era una derivazione di Kurosawa a sua volta). Ma anche Dune, Blade Runner o gli stessi Guardiani della Galassia non sono più menzionati con semplici situazioni o omaggi, ma sono le sue copie. Rebel Moon è quindi la copia di una copia di una copia, che risulta pallida e senza nessun tipo di linfa vitale propria.
Zack Snyder stesso
L’ultimo punto che rende Rebel Moon un film su di una ribellione ma che, alla fine, per nulla si ribella al genere, è il suo regista. Perché Zack Snyder nella prima parte della sua saga mette in campo tutti quegli artefatti estetici tipici della sua mano che ormai risultano ripetizioni di ripetizioni sempre uguali. Dagli slow motion, utili solo alla creazione di un trailer e che riportano indietro il film di almeno vent’anni per quanto esasperati. alla frenesia nella regia e nel montaggio che rendono il testo ancora più confusionario e fastidioso da seguire. E la fotografia, di cui si è occupato Snyder stesso che rende tutto il mondo così patinato e completamente artificiale. Nei film di Star Wars di J.J. Abrams, per quanto anch’essi molto problematici e derivativi, il mondo era credibile e costruito in funzione moderna. In Rebel Moon sembra tutto nato stanco, nato vecchio. Probabilmente, il più grande nemico di Zack Snyder è Snyder stesso, incastrato nel loop infinito della sua visione del mondo come Snyder’s Cut e che mai più ne uscirà fuori.
Alessandro Libianchi