L’inchiesta di Perugia sul monitoraggio abusivo degli archivi informatici riservati di centinaia di persone – tra cui politici e vip – è destinato a diventare un caso di scontro politico. Dossieraggio o no? Facciamo luce e chiarezza su una situazione complessa.
Tra gli 800 accessi abusivi che, secondo la procura di capoluogo umbro, il finanziere Pasquale Striano in servizio alla Procura nazionale Antimafia ha eseguito nelle banche dati compaiono molti politici o persone vicine al centrodestra. Ma anche e soprattutto per il sempreverde dibattito sul confine della sfera della privacy (anche in ambito fiscale) anche quando si è un personaggio pubblico e sul diritto di cronaca. Perché infatti non è ancora del tutto chiaro perché il finanziere Striano abbia fatto centinaia di accessi abusivi (in alcune giornate anche più di 40), anche se per ora pare non siano stati creati veri e propri dossier. In alcuni casi sono state destinate – ritengono i magistrati – ad attività giornalistiche (tra i 15 indagati ci sono anche tre giornalisti del quotidiano “Il Domani”) e in altri per scopi non ancora chiari. Dagli accertamenti – l’indagine è ancora agli inizi – è intanto emerso però che Striano non ha ricevuto denaro a fronte dei presunti accessi illeciti alla banca dati.
Ottocento, sono solo le consultazioni esaminate dai magistrati di Perugia. ma il tenente della Guardia di Finanza si è collegato al server alcune migliaia di volte, spiega La Stampa. Ed è quindi probabile che dallo sviluppo delle indagini emergano nomi nuovi. Oltre a quello del presidente della Figc Gabriele Gravina, che ha fatto nascere un’indagine su “input” di Claudio Lotito. Sui numeri ci si aspetta chiarezza da Melillo: il procuratore nazionale antimafia sarà audito dalla commissione e dal Copasir oggi. Domani toccherà a Cantone.
Dossieraggio, dall’origine
L’inchiesta è nata da una segnalazione a Roma di Guido Crosetto. Che ieri su X ha fatto sapere di essere «l’unico che non parla sul tema “Dossier”. Nonostante sia la persona che ostinatamente in solitudine senza solidarietà ha cercato la verità. Contro nessuno. Solo per giustizia. Non parlo per rispetto dell’inchiesta. Non parla la parte lesa ma (stra)parlano gli indagati».
Una parte d’indagine nella quale risulta coinvolto anche il magistrato della Procura Antimafia Antonio Laudati in passato responsabile del servizio Sos (Segnalazione operazioni sospette) che però, attraverso il suo difensore, ha rivendicato la correttezza del proprio comportamento. E adesso il caso finisce pure sul banco delle commissioni parlamentari di inchiesta e del Consiglio superiore della magistratura.
Secondo quanto è possibile ricostruire inizialmente la delega di indagine era stata affidata ai carabinieri e a Striano era stata fatta un’elezione di domicilio per la nomina di un legale. Sembrerebbe che poi i colleghi della capitale avessero chiesto conto delle attività del finanziere ‘infedele’ direttamente a Laudati. Quando tre mesi dopo il tenente fu perquisito gli investigatori trovarono poco materiale su chat e computer. Il sospetto è che il ‘mago’ dell’informatica abbia cancellato chat e file cancellati. Non risulterebbero infatti conversazioni nemmeno con uno dei giornalisti del Domani coinvolti nell’indagine e destinatari – secondo la versione accusatoria – delle informazioni provenienti dagli accessi alle banche dati. Al momento però, nonostante gli accertamenti, gli inquirenti perugini non avrebbero trovato alcuna eventuale contropartita per l’attività di spionaggio del finanziere (che nei giorni scorsi ha fatto sapere di non voler rispondere, almeno per adesso, all’interrogatorio) soldi o benefit. Gli investigatori hanno controllato anche il tenore di vita dei familiari senza che al momento sia emersa alcuna anomalia.
Gli stessi procuratori di Perugia Raffaele Cantone e dell’Antimafia Giovanni Melillo, nei giorni scorsi, hanno infatti chiesto di essere sentiti dal Comitato di presidenza del Csm, dal presidente della Commissione antimafia e da quello del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Il primo è il capo dell’ufficio titolare dell’inchiesta, mentre il secondo è l’attuale numero uno della Direzione nazionale antimafia, per la quale avevano prestato servizio i due indagati chiave: il finanziere Pasquale Striano e Antonio Laudati, ex sostituto procuratore dell’antimafia. E sono stati accontentati, visto che verranno sentiti in Commissione Antimafia il 6 e 7 marzo e il Copasir deciderà nelle prossime ore.
È soprattutto su Roma che si è concentrata la presunta attività illecita di dossieraggio messa in moto, dal 2019 al 2022, dal luogotenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano, dal pm Antimafia Antonio Laudati e dal team di giornalisti d’inchiesta del quotidiano Domani
Tra i trecento nomi di politici, vip e imprenditori attenzionati abusivamente dagli indagati nell’inchiesta della Procura di Perugia, oltre centoquaranta sono di personaggi di rilievo della Roma che conta. Il burattinaio che ha ordinato illecitamente le ricerche di attività criminali, senza alcun esito, spaziava da mezzo governo Meloni alla corsa al Campidoglio, passando per immobiliaristi, amministratori delegati di società importanti, prorettori delle università della Capitale, sportivi e perfino religiosi
Indagando la procura di Roma risalì alla fonte dei giornalisti del quotidiano Domani – Striano – e agli strumenti utilizzati per accedere alle informazioni: accesso che sarebbe avvenuto senza i necessari presupposti investigativi o motivazioni tali da giustificare la ricerca di quelle informazioni.
Striano lavorava all’ufficio che si occupa delle cosiddette SOS, le segnalazioni di operazione sospetta: sono le segnalazioni che le banche sono tenute a fare alla Banca d’Italia quando notano movimenti sospetti sui conti correnti, come grossi versamenti in contanti, bonifici provenienti dall’estero e in generale operazioni che non rientrano nelle abitudini di un certo correntista. Lo scopo è evitare operazioni di riciclaggio o scoprire eventuali fondi provenienti da attività criminali. Ogni anno vengono inviate oltre 100mila segnalazioni sospette che vengono valutate dalla direzione nazionale antimafia e girate alle procure del territorio.
Oltre ai dati delle SOS, sia Striano che Laudati potevano entrare in molte altre banche dati: Serpico, dell’Agenzia delle Entrate, che serve a controllare i redditi; SIVA, il Sistema Informativo Valutario, che serve a controllare operazioni finanziarie anomale, Infocamere con i dati del registro delle imprese oltre ovviamente alla banca dati Sidda/Sidna, utilizzata dalla direzione nazionale antimafia per controllare le indagini preliminari e i procedimenti in corso o chiusi dalle procure.
Secondo le ricostruzioni di diversi giornali, Striano avrebbe cercato informazioni su molti membri del governo. Nei giorni in cui Giorgia Meloni annunciò i ministri, a ottobre del 2022, Striano cercò dati sul ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, sulla ministra del Lavoro Marina Calderone e su Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione. Nel settembre del 2021 aveva già cercato informazioni su Francesco Lollobrigida, che poi diventerà ministro dell’Agricoltura, su Adolfo Urso, ora ministro delle Imprese e del Made in Italy, e sull’allora presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Tra gli altri, nell’elenco delle persone controllate da Striano ci sono anche sottosegretari e funzionari dei ministeri.
Oltre ai politici, Striano avrebbe avuto accesso a informazioni riservate di sportivi come l’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri, il calciatore Cristiano Ronaldo e l’imprenditore ed ex presidente della Juventus Andrea Agnelli. Nella lista ci sono anche alcuni personaggi dello spettacolo tra cui il cantante Fedez. Le ricerche sarebbero state fatte successivamente a eventi o polemiche in cui erano coinvolte le persone cercate, utilizzando il sistema informatico della direzione nazionale antimafia come una sorta di motore di ricerca decisamente più potente di quelli ordinari.
Queste informazioni venivano poi inviate ad altre persone tra cui un investigatore privato, un amministratore di condominio, un ex ufficiale della Guardia di Finanza che ora lavorerebbe per la sicurezza di un’azienda privata e appunto tre giornalisti di Domani: Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine. Al momento, però, non si sa se Striano abbia inviato le informazioni di sua spontanea volontà o su esplicita richiesta.
I giornalisti di Domani sono accusati di accesso abusivo e rivelazione di segreto anche se la Costituzione e le leggi italiane garantiscono a giornali e giornalisti la possibilità di pubblicare qualsiasi informazione nell’esercizio del diritto di cronaca, purché questa sia di interesse pubblico e presentata entro certi limiti di pertinenza della notizia e continenza formale (in relazione al modo in cui viene scritta). Il direttore di Domani, Emiliano Fittipaldi, ha scritto che i suoi giornalisti sono tutti indagati per «una sola cosa: aver fatto bene il proprio lavoro, che è quello di trovare buone fonti, ottenere notizie segrete sui potenti di pubblico interesse, verificarle e infine pubblicarle»