All’alba di domenica 26 febbraio, una barca carica di migranti è naufragata a un centinaio di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, provincia di Crotone, in Calabria. I morti finora recuperati dal mare, portati alla camera ardente allestita nel palasport di Crotone, sono 67. Tra di loro vi sono numerosi minori, 24 donne e un neonato. Secondo i racconti dei sopravvissuti, a bordo dell’imbarcazione vi erano circa 200 persone, provenienti in larga parte da Afghanistan, Pakistan e Iran. Numerosi sono ancora i dispersi, ma le speranze di ritrovare qualcuno di loro ancora vivo sono pari a zero.

Come è stato possibile che non siano stati avviati i soccorsi? Come si poteva pensare che una barchetta in legno lunga una decina di metri, sovraccarica, potesse affrontare un mare forza 4? La tragedia, secondo quanto sta emergendo con forza dalle ricostruzioni, poteva essere evitata, o, perlomeno, limitata nel numero di vittime se i soccorsi fossero scattati immediatamente. Cosa è accaduto, quindi?

A fornire una prima ricostruzione del naufragio di Crotone è Sergio Scandura, su Radio Radicale. Scandura parte da due distinti comunicati stampa del 26 febbraio, uno della Guardia Costiera ed uno del ROAN (Reparto Operativo Aeronavale) della Guardia di Finanza. Quello della Guardia Costiera, molto scarnamente, riporta come il corpo sia impegnato dalla notte nella ricerca e soccorso dei naufraghi in provincia di Crotone, riportando un primo provvisorio bilancio di vittime e soccorsi. Quello della Guardia di Finanza invece, seppure nella sua essenzialità, fornisce alcune informazioni importanti.

Secondo quest’ultimo, il barcone sarebbe stato avvistato intorno alle 22:30 del sabato (25/02) da un aereo di pattugliamento dell’Agenzia Frontex, il quale avrebbe comunicato l’avvistamento di un barcone, presumibilmente coinvolto nel traffico di migranti, a circa 40 miglia di distanza dalla costa di Crotone.

Occorre precisare che la presenza del barcone era nota anche prima, dalle 5 del mattino di sabato (quindi, sedici ore prima dell’avvistamento da parte dell’aereo di Frontex). Come lo sappiamo? Perché la Guardia Costiera italiana aveva diramato un messaggio di allerta a tutte le navi di passaggio nel Mar Ionio, segnalando la presenza di un’imbarcazione in difficoltà (sia pur senza fornire le coordinate) e invitando chiunque la incrociasse ad avvertire la stessa Guardia Costiera. Da questo momento, l’imbarcazione non riceve più alcuna attenzione, fino all’avvistamento da parte dell’aereo di Frontex.

Dopo la segnalazione, prendono il mare due imbarcazioni del ROAN della Guardia di Finanza, partite da Crotone e da Taranto, con lo scopo di intercettare il barcone. Non per soccorrere i migranti, si badi bene, ma come operazione di polizia in contrasto all’immigrazione irregolare. La differenza, che potrebbe sembrare una sottigliezza, è il discrimine tra la salvezza di quelle povere persone e il loro tragico naufragio.

Secondo quanto prescritto dal regolamento europeo 656/2014, riguardante la sorveglianza e la cooperazione tra gli stati riguardo le frontiere esterne dell’Unione Europea, gli stati membri hanno l’obbligo di prestare assistenza a qualsiasi imbarcazione o persona in pericolo in mare, e per stabilire se sussista lo stato di pericolo vengono indicati alcuni parametri, tra cui il numero di persone a bordo rispetto al tipo di imbarcazione, le condizioni e previsioni meteo marittime, la navigabilità del natante e la probabilità che questo non riesca a raggiungere la sua destinazione finale (art 9, c. 2, lett. F). Il barcone naufragato vicino Crotone, stando al regolamento, rientrava quindi a pieno titolo tra quelli necessitanti di essere soccorsi. Eppure questo non avviene.

Frontex, in un comunicato stampa, spiega di aver avvistato il barcone sabato sera e di aver rilevato, attraverso le termo camere, la presenza di numerose persone nascoste sottocoperta (“a significant thermal response from the open hatches at the bow and other signs that there might be people below the deck”). Da qui la segnalazione al centro di coordinamento internazionale e alle autorità italiane, tra cui la Guardia Costiera. Dopo questa segnalazione, come detto sopra, partono le imbarcazioni del ROAN per l’intercettazione, ma non riescono a raggiungere l’imbarcazione per via del mare mosso.

A questo punto, sorge spontanea la domanda: perché la Guardia Costiera non è intervenuta? Il corpo, in un altro comunicato stampa, cerca di allontanare da sé ogni responsabilità, scrivendo di essere stata avvertita da Frontex della presenza del barcone “solo per conoscenza” e che questo stesse navigando regolarmente. Inoltre, il ROAN della Guardia di Finanza comunicava di aver già attivato i propri veicoli per raggiungere l’imbarcazione segnalata. Operazione di law enforcement, polizia, non soccorso, scrivono. Solo alle 4:30 della domenica mattina, ben sei ore dopo la segnalazione di Frontex, la Guardia Costiera avrebbe ricevuto la prima richiesta di soccorso da parte di alcune persone sulla spiaggia, che avrebbero assistito al naufragio. Ma il quotidiano Domani smentisce clamorosamente questa ricostruzione, puntando il dito contro la Guardia Costiera e ricostruendo il passaggio mancante nella catena dei soccorsi grazie a fonti riservate.

 La Guardia Costiera, nonostante la richiesta di un intervento congiunto ricevuta dalla Guardia di Finanza non è intervenuta. Sono le 2 di notte quando la Capitaneria di Porto di Crotone riceve la richiesta, c’è ancora la possibilità di intercettare il barcone e portare in salvo i naufraghi. Nessuno risponde a quella richiesta. Il barcone è abbandonato a se stesso, con condizioni meteo proibitive anche per un pattugliatore d’altura della Guardia di Finanza da 35 metri.

La parte più grave di tutta la vicenda rimane proprio il mancato intervento della Guardia Costiera, dotata delle imbarcazioni adatte ad affrontare mari molto peggiori di quello in cui è accaduto il naufragio. Le sue navi non escono dal porto di Crotone, nessuno interviene più fino all’alba.

Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture, minaccia querele contro chiunque metta in dubbio la correttezza dell’operato della Guardia Costiera, ma evita di rispondere alle domande sul mancato intervento di soccorso per i naufraghi, quando ancora potevano essere salvati.

La procura di Crotone ha aperto una inchiesta sul naufragio, acquisendo anche le comunicazioni lungo tutta la catena dei soccorsi, per ricostruire cosa non abbia funzionato. In attesa della giustizia, rimane in bocca quella sensazione di amarezza profonda per un disastro annunciato, che si sarebbe dovuto (e potuto) evitare.