Dantedì, Canto 2 del Paradiso: “Macchie lunari e metafisica della luce”

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Di Redazione Metropolitan

Per la consueta rubrica Dantedì, ci troviamo nel canto 2 del Paradiso. Questo, ancora un proemio dedicato ai contenuti teologici della terza cantica. L’ammonimento ai lettori si accompagna di una descrizione del clima di meraviglia caratterizzante il Regno dei Cieli. Centrale il rapporto tra Dante e Beatrice; quest’ultima forza trainante del pellegrino.

Canto 2 del Paradiso, L’ingresso nel Regno dei Cieli

Il canto 2 del Paradiso si presenta come il proemio poetico e intellettuale. Questo, il secondo della cantica. Qui l’autore avverte il lettore del salto di qualità stilistico. Torna la metafora della nave e della navigazione quale figurazione dell’impresa intellettuale alla quale Dante (ed il lettore) si apprestano nel Paradiso. “L’acqua ch’io prendo” – queste le parole con cui Dante sottolinea l’eccezionalità della sua presenza: Dante mortale raggiunge infatti il cielo della Luna, la “prima stella”. Un’explanatio per argumenta exemplorum, caratterestica della filosofia scolastica, servirà qui da strumento descrittivo. L’ingresso di Dante con il suo corpo fisico nella dimensione fisica lunare ragguaglia il fenomeno dell’incarnazione di Dio, fondamento della terza cantica.

Il canto, come del resto l’intera cantica, si profila pertanto come manuale istruttorio per i lettori. Una vera e propria disputatio tra Dante e Beatrice darà voce ai versi successivi, in cui scienza e fede si scontrano e s’intersecano. Si conferma così il cambiamento di prospettiva filosofica del pellegrino Dante: il passaggio dal laico aristotelismo alla teologia ufficiale cristiana.

Annagrazia Marchionni

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