Cultura

Dantedì, canto 22 del Purgatorio: “Il valore dell’epica latina”

Per la consueta rubrica Dantedì, ci apprestiamo alla lettura del canto 22 del Purgatorio. Ci troviamo per la prima volta nella VI cornice. Qui, i primi esempi di temperanza.

Un viaggio indietro nel tempo quello del canto 22; un viaggio che esplora le prime comunità cristiane e che va a ritroso nel mondo dei grandi poeti latini delineandosi uno dei canti più classici. Evidente parallelismo, questo, con il IV canto dell’Inferno – dove si celebrano le figure dei grandi epici antichi – che consacra ancora una volta Dante. Altra consacrazione va però a Virgilio, poeta che ha suscitato la conversione di Stazio. Nonostante non possieda l’alta dignità che contraddistingue Virgilio, sarà proprio Stazio ad annunciare i grandi poeti classici avvicinandoli a Dio grazie alla sua aurea beata. Infine l’apparizione dell’albero con le radici rivolte verso il cielo anticiperà il loro ingresso al Paradiso.

Canto 22 del Purgatorio, parallelismi

canto 22 del purgatorio
Canto 22 Purgatorio – “Divina Commedia”

Si ricrea proprio nel canto 22 la stessa atmosfera del IV canto dell’Inferno. L’immagine del “primo cinghio del carcere cieco” (Limbo) viene raddolcita dal “monte che sempre ha le nutrice nostre seco” (Parnaso) dove risiedono le Muse. Simbolo di questa continuità tra Limbo e Parnaso è proprio Omero, il quale pur non essendo citato esplicitamente si rivela il più grande che sia mai stato “nutrito dalle Muse”. Questi i poeti che, per voce di Stazio, Dante nomina nel Purgatorio: Publio Terenzio Afro, commediografo latino e frequentatore del Circolo degli Scipioni; Cecilio Stazio; Plauto, il primo commediografo latino di cui ci giungono 21 commedie; Lucio Vario Rufo, poeta epico e tragico.

Come annunciato nel precedente canto, ancora una volta si conferma lo scambio di ruoli tra Virgilio e Stazio: nonostante non venga mai a mancare la devozione di Stazio nei confronti del poeta dell’“Eneide”, il rapporto maestro-discepolo viene sovvertito dalla beatitudine acquisita da Stazio. Questo, il rovesciamento del Regno di Dio. Il viaggio si confermerà così sempre più nel suo andamento poetico, piuttosto che soprannaturale: esplicativo infatti l’atteggiamento di Dante che, assorto in pensieri sull’arte, parlerà dei suoi sommi maestri con religiosa devozione.

L’albero con le radici in cielo

Sul concludersi del canto appare improvvisamente un “alber con pomi a odorar soavi e buoni” che riconduce i pellegrini ad un’atmosfera purgatoriale. È proprio qui che si innalzano delle voci dichiaranti esempi di temperanza. Un albero a forma di cono rovesciato, già apparso alla fine della IV cornice del Purgatorio, dove venivano ricordati esempi di ingordigia punita. Una metafora, quella botanica, al fine di individuare l’ascesa verso il Paradiso: il suo massimo rigoglio si avrà infatti nel Regno di Dio. Rievocati i più significativi esempi di sobrietà, di cui il primo è proprio quello della Madonna durante le nozze di Cana, si anticipano gli accadimenti del successivo canto.

Annagrazia Marchionni

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