
Giurato si saria ch’el dicesse ‘Ave!’; perché iv’era imaginata quella ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave… Quiv’era storiata l’alta gloria del roman principato, il cui valore mosse Gregorio a la sua gran vittoria… Non vo’ però, lettor, che tu ti smaghi di buon proponimento per udire come Dio vuol che ‘l debito si paghi…“. Questi sono alcuni dei versi del decimo canto del purgatorio. Dante e Virgilio entrano nella prima cornice. Fanno incontri contrastanti: da una parte gli esempi delle anime umili di Maria, David e l’imperatore Traiano. Dall’altra, in contrapposizione, le anime dannate dei superbi. Questo per accentuare uno dei miseri peccati mortali: la superbia.
Dante e Virgilio, in questo canto, oltrepassano la porta del Purgatorio. Che si chiude alle loro spalle, provocando un forte stridore. Lo scenario che si trovano davanti gli occhi è angusto e periglioso. Un sentiero si apre, dall’andamento a zig zag. Una vera e propria spaccatura nella roccia, che li accompagna verso la salita la monte. Ma il cammino è lento e prudente. Infatti Virgilio, consiglia a Dante di evitare le curve più aguzze del sentiero. Lo scenario della prima cornice è deserto e roccioso. E questo paesaggio si estende tutt’intorno a Dante e Virgilio.
Incontro con gli esempi di umiltà: Maria, David e Traiano

Lungo il sentiero angusto, che Dante e Virgilio nel decimo canto del purgatorio, stanno compiendo sul crinale del monte, il poeta fiorentino si accorge di un particolare. Infatti porta all’attenzione del maestro Virgilio, dei maestosi bassorilievi in marmo bianco, presenti sul lato del monte. Sono stato realizzati con una fine ed accurata maestria e rappresentano una determinata scena cristiana: l’Annunciazione. Infatti l‘arcangelo Gabriele, annuncia a Maria, che diventerà presto mamma del Figlio di Dio. Maria con estrema umiltà, accetta questo incarico e si piega alla volontà del Signore. Ma Virgilio invita Dante ad osservare bene gli altri personaggi del maestoso bassorilievo. Così scorge, la figura del Re David. Il quale danza, alzando umilmente la sua veste, per l’entrata a Gerusalemme del carro dell’Arca Santa. Intorno scolpiti i sette cori di ebrei che marciano e cantano in festa, verso la città. Pare quasi di udire le loro voci festose.
A seguire, sul maestoso bassorilievo marmoreo, Dante e Virgilio, osservano la storia del Re Traiano. L’imperatore, maestoso sul suo cavallo, compare attorniato dalla moglie e dai fedeli soldati romani, che issano il sigillo dorato dell’aquila al cielo. Mentre Traiano, supplica il papa Gregorio, di pregare per la sua anima e la sua salvezza. La moglie lo supplica però, di vendicare la moglie del figlio, appena ucciso. Vendetta che in un primo momento Traiano, delega ai suoi successori. Poi mosso da un umile compassione per la donna, decide di vendicare il dramma subito, dandole sollievo. Dante e Virgilio, sono estasiati dalla bellezza di questa opera scultorea divina, che pare suscitare movimento e animazione, nonostante fosse statica.
Incontro con i superbi

Mentre Dante osserva il bassorilievo, Virgilio lo avverte che si stanno avvicinando le anime dei dannati. Sono i superbi. In un primo momento, Dante e Virgilio, non riescono a scorgere delle sagome umane. Infatti man mano che si avvicinano, i superbi appaiono nella loro tremenda pena. Un enorme masso, che trascinano a passi lenti e faticosi. Cosi appaiono curvi e quasi piegati al suolo. Questo è il peso della loro superbia. Dante inveisce contro di loro. I superbi non parlano con i due poeti, ma le loro penitenti e soffrenti espressioni, paiono suggerire queste parole: “Non ne posso più“.
a cura di Chiara Bonacquisti
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