Dario Fo, il giullare che derideva il potere

Dario Fo - photo credits: web
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Dario Fo, autore e attore teatrale, regista, scenografo, pittore, scrittore, attivista politico, moriva il 13 ottobre 2016

Beffardo e fedele a se stesso fino alla fine dei suoi giorni, quando scatena le polemiche paragonando il Movimento politico 5 Stelle a quello partigiano di liberazione. Geniale quando reinventa la lingua dei giullari medievali, il grammelot, per raccontare storie assemblando parole e suoni vari al posto di usare frasi di senso compiuto, un espediente usato nel teatro di altri tempi che lui rielabora con il talento di un linguista navigato e che trova il suo apice in Mistero Buffo del 1969.

Dario Fo - photo credits: web
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Talento poliedrico e passione per la politica

Vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 1997, “perché dileggiando i potenti, restituisce dignità agli oppressi”. Schierato politicamente, negli anni di piombo, per la sinistra e in particolare preoccupato della tutela degli extraparlamentari in carcere, per il quale sollecita il monitoraggio delle condizioni in cui vengono tenuti.

Controverso, perché ha fatto parte della Repubblica Sociale italiana durante la seconda guerra e viene accusato di avere partecipato ai rastrellamenti. Anticlericale, perché, sempre nell’opera teatrale Mistero Buffo, reinventa le parabole religiose e i drammi in chiave satirica, attirandosi le antipatie del clero.

Dario Fo e Franca Rame - photo credits: web
Dario Fo e Franca Rame – photo credits: web

I primi anni e il sodalizio professionale con Franca Rame

Nato a Sangiano (provincia di Varese), il 24 marzo 1926, inizia a lavorare per la Rai come autore di testi satirici. Nel 1952 conduce la trasmissione radiofonica Poer nano, poi lavora con Franco Parenti agli spettacoli di rivista Il dito nell’occhio che va in scena al Piccolo Teatro di Milano nel giugno del 1953, e Sani da legare del 1954. Entrambi spettacoli di satira che faticano a farsi largo tra le maglie della censura, tant’è che il primo viene censurato nel 1955. Con la moglie Franca Rame (dalla quale avrà un figlio, Jacopo) fonda la Compagnia Dario Fo-Franca Rame.

Gli anni ’60, il teatro di contestazione e la censura di Canzonissima

Nemmeno in Tv, accanto alla moglie nel programma Canzonissima, nel 1962, rinuncia alla sua verve satirica corrosiva e viene censurato. Poco dopo rinuncia a portare avanti la trasmissione. Di questo periodo le commedie Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Settimo: ruba un po’ meno (1964), La signora è da buttare (1967).

Il teatro di Fo è un teatro di contestazione del teatro borghese, che considera uno snaturamento della vera essenza del teatro stesso, che deve poter essere accessibile soprattutto ai ceti popolari. La comicità surreale richiama il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, ma pochi anni più tardi i suoi lavori avranno una connotazione politica a anticlericale sempre più marcata.

Le tombe - photo credits: web
Le tombe – photo credits: web

L’opera teatrale “Mistero Buffo”

Nell’ottobre 1969 a Sestri Levante, vicino Genova, va in scena Mistero Buffo, considerato il capolavoro di Fo, dal punto di vista dell’innovazione linguistica. Come si accennava sopra, qui si riprende il grammelot, rielaborandolo con una mescolanza di dialetti della Pianura Padana e, insieme a una forte componente onomatopeica, mentre recita, l’attore-autore, di fatto reinventa la lingua. Così come il legame tra parola e gestualità è un elemento innovativo e caratteristico del suo modo di fare teatro.

Mistero Buffo è però soprattutto un’opera dissacrante che interpreta in chiave satirica le parabole cristiane, soprattutto quelle dei Vangeli Apocrifi. Sono buffi i misteri della religione perché rappresentati nell’ottica di un autore ateo che ne vuole sradicare ogni fondamento, convinto che i contenuti siano stati mistificati e asserviti allo status quo della classi dominanti, a scapito di quelle popolari.

Particolarmente pungente, non verso la figura di Gesù, ma verso le persone da cui era circondato, quella dedicata alla resurrezione di Lazzaro, ambientata in un cimitero dove il custode vende i biglietti per l’ingresso e si attiva un giro di scommesse sulla possibilità o meno che Gesù riesca a compiere il miracolo della resurrezione.

“La morte accidentale di un anarchico”

La commedia debutta a Varese il 5 dicembre 1970. E’ dedicata alla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, caduto dalla finestra di una delle aule della Questura di Milano, l’anno precedente, il 15 dicembre 1969, nel corso di un interrogatorio da parte del commissario Luigi Calabresi. Fo la scrive basandosi su verbali dei processi, articoli di giornale e interviste e sposa la tesi che la morte del dissidente non sia stata accidentale.

Il commissario Calabresi, che viene ritenuto responsabile del decesso di Pinelli dai sostenitori del movimento di estrema sinistra Lotta continua, viene freddato il 17 maggio 1972 a Milano. Dopo anni di indagini vengono trovati i colpevoli, entrambi appartenenti al gruppo Lc, Ovidio Bompressi e Leonardo Marino. Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, invece, fondatori della formazione extraparlamentare di ideologia marxista, sono stati considerati i mandanti.

L’allestimento dell’opera viene contestata da più parti e Fo dovrà affrontare diversi processi, tanto da decidere di trasferire la messa in scena negli Usa, dove molti anni prima, nel 1920 a New York, è accaduto un episodio simile. La vittima era Andrea Salsedo, amico dell’anarchico italiano immigrato Bartolomeo Vanzetti.

Il passato da repubblichino, prima la querela, poi l’ammissione

Veniamo ai trascorsi repubblichini. Siamo negli anni Settanta, in un clima politico rovente, il giornalista Giancarlo Vigorelli, dalle pagine de Il Giorno, nel 1975, accusa Dario Fo di aver fatto parte della Repubblica di Salò. Lui lo querela e poco dopo si pubblica sullo stesso giornale la rettifica. Poi è la volta del settimanale di destra Il Nord che riprende le accuse nel 1977. Queste le dichiarazioni di Fo rilasciate al quotidiano La Repubblica nel marzo 1978: “Io repubblichino? Non l’ho mai negato. Sono nato nel ’26. Nel ’43 avevo 17 anni. Fin a quando ho pututo ho fatto il renitente. Poi è arrivato il bando di morte. O mi presentavo o fuggivo in Svizzera”.

Dario Fo pittore - photo credits: web
Dario Fo pittore – photo credits: web

“Sono un attore dilettante e un pittore professionista”

Dario Fo si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera e ha alternato le sue attività nello spettacolo e in politica a quelle pittoriche. In un’intervista di Enrico Giustacchini su Stile Arte.it, rivista online, ha raccontato: “I miei lavori teatrali spesso nascono come immagini. Disegno prima di scrivere. Mi sono abituato piano piano ad immaginare le commedie, i monologhi in un contesto visivo, e solo in seguito in quello del recitato. Inoltre, disegnare ha per me una preziosa, decisiva funzione di stimolo creativo. Se mi capita di essere smontato, è proprio disegnando che mi vengono le idee”.

Anna Cavallo