Darkling: storia di una verità mai raccontata

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Di Caterina Frizzi

Oggi esce nelle sale italiane ‘’Darkling’’, ultima prova cinematografica di Dušan Milić, cineasta di Belgrado classe 1969.

Con questo film, già vincitore del premio del pubblico al Trieste Film Festival 2022 come miglior lungometraggio, il regista si pone l’obiettivo di rappresentare una verità che non è mai stata davvero raccontata. Ci troviamo nel Kosovo, a pochi anni dalla fine di una guerra che ha lasciato il paese devastato. È il 2004, e gli abitanti della regione vivono sotto l’amministrazione della Kosovo Force, forza militare internazionale guidata dalla NATO per il mantenimento della pace.

Una realtà di abbandono e desolazione

Nata con la guerra, cresciuta nella desolazione che ne segue. È la storia di Milika (Miona Ilov), un’undicenne delle montagne kossovare, quella raccontata in Darkling. Nonostante la sua tenera età, conosce già molto bene gli orrori della guerra. Vive con la madre Vukica (Danica Curcic) ed il nonno Milutin (Slavko Stimac) nella vecchia casa di famiglia arroccata nella foresta, in attesa del ritorno del padre e dello zio, scomparsi da diverso tempo. È proprio attraverso occhi della piccola che veniamo catapultati in una realtà che sa di abbandono e desolazione. Occhi che ci parlano di una spensieratezza mai conosciuta, di uno spiccato senso di realtà e allo stesso tempo di una speranza che solo l’animo puro dell’infanzia può riuscire ad evocare.

Il buio, un ruolo determinante in Darkling

Un film in cui il buio, con i suoi significati allegorici, ha un ruolo tutto suo ed estremamente determinante. Al calar del sole tutto si trasforma: le finestre chiuse, la porta serrata, le luci spente, e il nemico sconosciuto che si fa ancor più imponente e spaventoso. È da questo senso di smarrimento che scaturisce la lotta interiore con la paura in ciascuno dei personaggi e tra di essi. È l’inquietudine dell’ignoto e dell’oscurità che amplifica tutte le sensazioni dell’essere umano.

Quando il buio prende il sopravvento, Milika si rifugia nella scrittura. Si nasconde sotto il tavolo della cucina, prende il suo quaderno, amico fidato, accende una candela e racconta la realtà che la circonda con la semplicità di una bambina, e contemporaneamente con la lucidità di un’adulta. Sono parole che rimbombano nelle orecchie dello spettatore, che descrivono con una potenza assordante e allo stesso tempo con tenera intimità, il sacrosanto diritto di tornare – o forse di incominciare ancora – a vivere.

L’uso del noir e del sound design

La scelta stilistica di Milić nelle riprese è precisa e minuziosa. Un’atmosfera noir, ricca di elementi di suspence e la crudezza di varie sequenze, che sfociano quasi nello splatter. L’intento – più che riuscito – è quello di creare un’empatia assoluta tra i personaggi e lo spettatore. L’assenza quasi totale di un commento musicale nella pellicola, evidenzia ancora di più il senso di abbandono che già ci travolge visivamente. Il regista predilige l’utilizzo del sound design. Unisce con maestria la presa diretta e la creatività dei campionamenti di post-produzione, creando un suono d’insieme che ci permette di immergerci ancor di più nella storia.

Darkling, uno spiraglio di luce nel buio incombente

Darkling è uno spaccato estremamente vivido di una realtà che sembra così lontana da noi. È un silenzio assordante che entra dentro e ti trafigge. E che porta lo spettatore a provare una connessione emotiva totalizzante con la storia di Milika. È il racconto di quel piccolo spiraglio di luce che rimane sempre vivo, anche se tutto intorno sembra esserci solo un grande buio incombente.

Caterina Frizzi

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