Molti lo conoscono come Ziggy Stardust, Il Sottile Duca Bianco o Halloween Jack, il pirata magrolino con la benda sull’occhio. Ma per tutti rimane il grande David Bowie, uno degli artisti che più ha influenzato al cultura pop negli ultimi 50 anni. Musica, moda, cinema, arte. Non c’è campo artistico che sia rimasto invariato dopo il suo passaggio e a distanza di cinque anni dalla sua morte, riesce ancora a far parlare di sé.

Dagli anni ’60 fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2016, David Bowie ha pubblicato 26 album in studio, recitato in decine di film e composto musica per serie TV. Inoltre è stato un appassionato collezionista di opere d’arte, con centinaia di pezzi unici raccolti per filantropia. Nella sua carriera ha sfidato le regole del gender, dato vita a nuovi generi musicali (uno su tutti il glam rock) e collaborato con le più grandi star del suo tempo. Ma chi era veramente l’Uomo delle Stelle chiamato David Bowie?

Come nasce una stella, l’esordio di David Bowie

Nato l’8 gennaio 1947 in un sobborgo di Londra, David Robert Jones dimostrò fin da bambino un interesse e una forte predisposizione per la musica. A 12 anni incise delle parti di sassofono per un disco prog rock  “Now We Are Six” e a 15 aveva già formato la sua prima band, The Kon-rads. Da adolescente fu coinvolto in una rissa a seguito della quale il suo sguardo cambiò per sempre: un occhio azzurro e uno quasi nero, che gli valse l’appellativo di divo dagli occhi bicolore.

Scelse il nome David Bowie, tratto da una marca di coltelli da caccia, per evitare confusioni con il cantante dei The Monkees, Davy Jones, portandolo a incidere il primo album nel 1967 che ha il suo stesso nome nel titolo. Ma il successo mondiale arriverà con “Space Oddity” da cui fu tratta l’omonima traccia, uno dei brani più belli degli anni ’60.

Come splende una stella, i patinati anni Settanta

David Bowie - Photo Credits by Masayoshi Sukita
David Bowie – Photo Credits by Masayoshi Sukita

Fra i pionieri del glam rock, David Bowie scrisse le pietre miliari del genere nei primi anni Settanta. Prima con “Hunky Dory” e successivamente con “The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars“. Il disco permise di creare la figura di Ziggy Stardust, più che un alterego, una seconda pelle. Con i suoi rimandi alla sessualità fluida e grazie ad un immaginario inedito e misterioso, infranse tutti i taboo culturali. E con “Aladdin Sane” scolpì la sua immagine nella testa di ognuno di noi. Iconica la copertina con la saetta che gli attraversa l’occhio, probabilmente la foto più famosa di Bowie.

Seguì il periodo d’oro del funky, il “plastic soul” come amava definirlo, e la musica rock sperimentale, inondata di elettronica. Tra il 1974 e il 1980 si concentrano molte delle più famose collaborazioni di Bowie: quelle con Iggy Pop, Lou Reed, John Lennon e Brian Eno. Dal sodalizio artistico con quest’ultimo prese vita la cosiddetta “Trilogia Berlinese“: “Low“, “Heroes” e “Lodger“. Tre dischi registrati nella capitale della Germania divisa dal Muro che contribuirono ad affermare Bowie come uno degli artisti più rivoluzionari. Di questi anni è anche il suo esordio come attore ne “L’Uomo Che Cadde Sulla Terra” di Nicholas Roeg, che contribuì a cementificare l’immagine di un alieno fra i mortali, un’uomo destinato all’eternità.

Come muore una stella, gli ultimi anni di David Bowie

Gli Eighties furono per David Bowie anni difficili. Da una parte l’enorme successo di vendite di “Let’s Dance“, dall’altra un apparente declino artistico che lo spinsero al ritiro per 6 anni dopo “Never Let Me Down” e la morte del fratellastro. Tornò solo nel 1993 con “Black Tie White Noise”, dopo il matrimonio con la super modella Imam da cui ebbe la sua seconda figlia. Seguì un periodo sperimentale per Bowie, l’ennesimo, dove si spinse oltre i confini della drum & bass e al di là del rock tradizionale. Ma un attacco di cuore che lo colpì mentre si esibiva nel suo “Reality Tour” del 2003, lo costrinse al ritiro. Rare le apparizioni pubbliche, ancora di più quelle televisive e nessun concerto.

Solo la pubblicazione inaspettata di un nuovo disco nel 2013, “The Next Day“, dalle sonorità più cupe che in passato dove si vide un Bowie cambiato, ancora una volta. Nel 2016, il giorno del suo 69° compleanno, uscì “Blackstar“, un album esoterico, con continui riferimenti alla morte e alla rinascita, come esplicitato da alcune canzoni come “Lazarus”. Due giorni dopo, il 10 gennaio, David Bowie morì a causa di un tumore di cui in pochissimi erano a conoscenza. “Stai scrivendo le tue ultime memorie, non è vero?” chiese il produttore e amico Tony Visconti ascoltando il disco. Bowie rispose con una risata.

Simone Zangarelli

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