Destinatario sconosciuto, portato in scena dal regista Alessandro Braga e ispirato all’opera della Kressmann Taylor del 1939. L’intervista all’attrice Elisabetta Rivalta
Due soci in affari che vivono negli Stati Uniti, Max Eisenstein, ebreo, e Martin Schulse, tedesco. Il secondo che a un certo punto decide, nel 1932, di fare ritorno in Germania per far studiare il figlio nel Paese di origine. I due continueranno a curare la galleria d’arte che hanno in comune e a scriversi. Ma l’ascesa al potere di Adolf Hitler cambia le loro vita e il loro rapporto.
Destinatario sconosciuto, il potere della lettera come arma
Inizia così il breve romanzo di Kathrine Kressmann Taylor pubblicato nel 1939. Uno scambio di lettere che parla del nazismo e del suo potere di erodere i sentimenti positivi nelle relazioni. Ma anche del potere della lettera come arma. In scena al Teatro Rasi di Ravenna domenica 25 ottobre, per la regia di Alessandro Braga, anche interprete insieme ad Elisabetta Rivalta, che MMI ha intervistato.
Da un libro in regalo a un progetto teatrale
“E’ un’opera che ho amato molto e due anni fa, quando ho regalato il libro ad Alessandro per il suo compleanno, il 7 ottobre – racconta – gli ho proposto di lavorarci su e lui ha accettato. Il lavoro che portiamo in scena si compone di pochi ma essenziali elementi, attorno ai quali si svolge il dramma: due tavoli e due scrivanie dove stanno seduti i due protagonisti che, nella nostra versione, sono stati trasformati in un uomo e una donna.
Io sono diventata Elisabeth Stern, mentre l’amico tedesco Martin Schulse è diventato Alexander Weber. Credo che inserire un personaggio femminile abbia avuto un effetto positivo perché sono potute fluire più emozioni, rispetto ad una interpretazione maschile che sarebbe risultata più asciutta, quando il rapporto tra i due si deteriora.
Il potere distruttivo del nazismo nei rapporti umani
Dopo un po’ che si scrivono, infatti, lei si accorge che qualcosa si è incrinato, lo sente diventare poco a poco ostile. “A un certo punto, precisa Elisabetta, lui mi scrive: ‘Ti ho sempre voluto bene malgrado tu fossi ebrea’. Cresce la rabbia, la delusione. Le due sedie che all’inizio dello spettacolo erano in direzione convergente, nella scena finale si danno le spalle. L’amicizia è finita”.
Una richiesta di aiuto da parte della sorella perseguitata in Germania
La tensione che si è creata arriva al culmine quando Alexander, che fa una vita molto agiata e ormai condivide apertamente l’ antisemitismo, non si dà pena di strappare alla morte la sorella attrice della sua amica ebrea che si trova in Germania e gli chiede aiuto quando viene arrestata dai nazisti. Infastidito anche da Elisabeth e dalle sue lettere, che oltretutto sono state intercettate dalla polizia postale, Alexander vorrebbe chiudere una volta per tutte e lasciarsi il passato alle spalle.
La vittima che si trasforma in carnefice
“E’ un’opera che mostra quanto cambino facilmente le persone a seconda del contesto in cui si trovano – spiega ancora la Rivalta – . All’epoca, in Germania, c’era il desiderio di rivalsa di una nazione che era uscita sconfitta dalla prima guerra e Hitler sa far leva su questo.
Riesce a manipolare le persone e a precipitarle nella spirale dell’odio verso gli ebrei con i quali i tedeschi si sono relazionati fino poco tempo prima in modo amichevole e collaborativo. Ma non solo. Mostra anche quanto facilmente la vittima, in questa caso la donna ebrea, si trasformi rapidamente in carnefice“.
Lei, infatti decide di continuare a scrivergli, ma simulando un linguaggio in codice, tipo quello usato dalle spie: Prepara per i tuoi studenti le seguenti riproduzioni: Van Gogh 15 per 103, rosso; Poussin 20 per 90, blu e giallo; Rubens 11 per 33, rosso e blu; seguiremo speranzosi le tue fatiche.
La Polizia si insospettisce e lui, estraneo a tutto, alla fine viene ingiustamente arrestato, sospettato di attività spionistica. L’ultima lettera ad Alexander ritorna indietro con il timbro: Adressat unbekannt, destinatario sconosciuto.
La commozione del pubblico a fine spettacolo
“A fine spettacolo la maggior parte delle persone aveva gli occhi lucidi e questa per noi è stata la soddisfazione più grande. IL teatro era al massimo della capienza consentita dalle restrizioni previste dalla normativa per la prevenzione al Covid. In più era l’ultimo giorno di apertura dei teatri. Era appena stato approvato il decreto che prevede la chiusura fino al prossimo 24 novembre e questo credo abbia influito sullo stato d’animo generale. Alessandro ha detto che l’eco degli applausi ce lo portiamo nel cuore fino al nostro ritorno sul palcoscenico”.
Alessandro Braga ed Elisabetta Rivalta, il 27 aprile ancora insieme in Ignavi di Nevio Spadoni
Con Alessandro Braga, Elisabetta lavora dal 2008 all’interno della compagnia teatrale Piccolo Teatro di Ravenna. Il prossimo 27 aprile al Teatro Alighieri è in programma un altro loro spettacolo, misure anti Covid permettendo. Si tratta di Ignavi, opera inedita del poeta Nevio Spadoni, scritta appositamente per i 700 anni della morte di Dante che ricorrono nel 2021.
“Io e Alessandro – spiega ancora – ci siamo conosciuti nel 2006 nell’ambito delle attività del Centro Studi Uilt (Unione italiana libero teatro) a Fognano e abbiamo gestito vari progetti. Ad esempio, il living teatrale intitolato Quando l’amore dedicato alle donne vittime di violenza. Nelle ultime settimane, invece, abbiamo partecipato alle letture pubbliche dantesche, sempre nell’ambito delle iniziative celebrative che stanno coinvolgendo la nostra città”.
Elisabetta Rivalta, dall’improvvisazione alla scrittura teatrale
Ravennate, classe 1973, Elisabetta Rivalta inizia a far teatro partendo dall’improvvisazione, nella scuola di Renato Casanova. Sempre a Ravenna entra a far parte della sua compagnia intitolata a Luigi Rasi e diretta dalla figlia Alessandra Casanova. Con loro, a breve, un nuovo debutto a gennaio, così come è in calendario anche con la compagnia di Braga un nuovo spettacolo, inserito nella rassegna Ritroviamoci al Rasi. Entrambi per ora ancora top secret, e sempre confidando nella soluzione dell’emergenza sanitaria.
L’atto unico Estasi e struggimento e la passione per la fotografia
Non ultimo, il progetto di affidare a Braga anche l’atto unico Estasi e struggimento che Elisabetta ha scritto di recente. “Ho iniziato a buttare giù qualcosa nell’autunno dell’anno scorso – ci racconta – però l’ho portato a termine solo alla fine di questa estate, in un clima di insicurezza e inquietudine che ci fa vivere tutti un po’ sospesi e che, paradossalmente, mi ha ispirato.
E’ dedicato a chi ama troppo e in genere a chi soffre per amore. Mentre lo scrivevo stavo girando un servizio fotografico a Verona, intitolato Amore incatenato. Tanto che a ogni foto di questo servizio ho dato un titolo che rispecchia la condizione di chi nelle relazioni amorose mette tutto se stesso, troppo. Io nelle foto infatti, sono quasi sempre incatenata”.
Anna Cavallo