Devil, nato dalla mente di M. Night Shyamalan e diretto da John Erick Dowdle, è un valido film tra horror e thriller che inquieta ma non spaventa. Ottimo per chi vuole sentire un brivido lungo la schiena ma non fare fugoni quando cammina nel buio. In Devil si uniscono due concezioni dell’horror che qui si sposano creando una trama relativamente inedita.
Dowdle, regista di Quarantena, dirige un film costretto per la maggior parte tra quattro mura di un ascensore bloccato in aria. Shyamalan, creatore di horror “hitchcockiani” sviluppati sulla suspense piuttosto che sull’orrore, fa diventare quel luogo teatro della rappresentazione morale e delle paure dei protagonisti. Il risultato è una pellicola cinematografica dai toni inquietanti e dallo sviluppo noir psicologico in cui l’orrore è dato dal senso di claustrofobia che opprime i personaggi.
Devil: la trama
È una normalissima giornata lavorativa. Un detective (Chris Messina) è chiamato ad indagare sul ritrovamento di un uomo suicidatosi dall’ultimo piano di un palazzo. Proprio in quel palazzo cinque persone entrano in ascensore per recarsi ai propri appuntamenti quotidiani quando l’ascensore si blocca per un misterioso malfunzionamento. Segnato dalla perdita della moglie e del figlio a causa di un pirata della strada, il detective si ritrova a collaborare con la sicurezza dell’edificio per risolvere la situazione che sta sfuggendo di mano.
Un addetto alla sicurezza afroamericano (Bokeem Woodbine), uno sfuggente ex marine (Logan Marshall-Green), un viscido venditore (Geoffrey Arend), una signora cleptomane (Jenny O’Hara) e una giovane ereditiera (Bojana Novakovic) cercano di non farsi prendere dal panico rinchiusi nelle strette quattro mura di un ascensore sospeso tra i piani. Ma quando iniziano a susseguirsi dei blackout durante i quali uno alla volta i cinque vengono attaccati si insinua in loro paura, sospetto e pregiudizio.
Il diavolo è in noi, ma anche la salvezza
L’elemento principale di questo film è proprio ciò che gli dà il titolo. Ma non il diavolo del cliché horror, una presenza sottile che funge da giudice più che da tentatore. Qui il “Devil” non porta squilibrio, anzi, assolve la sua funzione superiore in equilibrio con il libero arbitrio e il bene. Perché di male ce n’è abbastanza dentro l’essere umano, forse, tanto che non ha più bisogno di tentarci.
Ogni personaggio ha l’anima macchiata, impura, condannata all’inferno. Il diavolo non fa altro che portare le fiamme in quell’ascensore, reclamando le vite che gli spettano. Un orribile destino la cui fine è stata scritta proprio da ognuno di loro. La conclusione è l’unica quadratura del cerchio di una discesa negli inferi morali illuminata dall’ammissione di colpa e dalla capacità di perdonare, che, quando sincere, sono in grado di bloccare il diavolo in persona.
Quali sono le tue paure?
La città è sottosopra, i grattacieli ricadono incombenti sulle strade, i colori sono freddi e desaturati. L’inquietudine serpeggia silenziosa tra le caviglie sfiorandoti quel tanto che basta per farti voltare con la sensazione che una minaccia invisibile sia alle tue spalle. La pelle d’oca segue la tensione, le mani sudano. Non sei al sicuro. È questa la sensazione che M. Night Shyamalan vuole solleticare. Non vuole spaventare, non vuole disgustare, vuole accendere il Sesto Senso dello spettatore e fargli metabolizzare le sue paure ancestrali, le angosce della vita quotidiana nella società contemporanea.
Il regista punta ad un less is more cinematografico che riesce ad accontentare solo una fetta di pubblico, rimanendo in sospeso tra pareri negativi e critiche positive che lo apostrofano come “il nuovo Alfred Hitchcock”. Costruisce Devil e i suoi film, tra cui il Sesto Senso, Signs e The Village, sul crescendo di suspense lasciando da parte la paura e l’orrore sovrannaturale, preferendo il senso di angoscia e sospetto intrinsechi nella natura umana.
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Articolo a cura di Eleonora Chionni