Diario di viaggio: Marocco on the road (quarta parte)

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Di Redazione Metropolitan

Il lungo viaggio in bus ci dà la misura del percorso fatto,  e calcolando che agosto in Marocco è versione “clima infernale stile dantesco” ci fa capire che siamo ritornati nel vivo dell’azione. Meknes per tutti Noi appare come una bella ragazza da conoscere ma troppo timidi per farsi avanti, lasciandoci quel retrogusto di rimpianto ma neanche troppo. Un solo giorno non basta per farsi una idea di una delle città imperiali (le altre sono Marrakech, Rabat che è la capitale del Marocco e Fès di cui a breve citerò le mirabolanti tragedie). Giusto il tempo di mangiare e goderci il tramonto, troviamo un piccolo albergo lontano dal centro caotico, trovandoci immediatamente a barattare vestiti per il “nettare del popolo” che in questo caso non è il vino come da tradizione dell’ antica Grecia. Il giorno dopo ci svegliamo di buon mattino e partiamo verso la volta di Fès, la più vecchia delle città imperiali. Fès ha una particolarità unica a dispetto delle altre città che abbiamo visitato, ci travolge come la “Grande Onda di Kanagawa” di Hokusai. Mi spiego. All’interno della medina si manifesta tutta la complessità di una città musulmana antica in cui la fanno da padrone le tortuose e strette strade, percorribili solo a piedi, in cui i trasporti avvengono per la maggiore con gli asini carichi fino all’inverosimile e che vanno a ingombrare i vicoli più stretti, fino a costringerci a schiacciarci contro le pareti. L’intrecciarsi delle strade è tale per cui è molto facile perdersi. Noi ovviamente eravamo particolarmente dediti a perderci, a tal punto che all’interno della medina, per tre giorni abbiamo cambiato luogo di ristoro, passando da un albergo squallido in periferia a un costoso riad in centro che ha messo a dura prova le nostre già scarse economie nonchè facoltà mentali, per finire infine in una casa famiglia tra spagnoli, giapponesi e gli stessi marocchini. Oramai eravamo in balia della “Grande Onda”. Nonostante il labirinto e le persone del luogo a volte troppo asfissianti, uscire vivo da Fès ti porta ad affrontare ben più di una difficoltà quotidiana a testa alta. Affidandoci alla solita guida per caso, nuotiamo tra i vicoli fino a giungere a una delle attrattive della città imperiale. Giungiamo infatti al quartiere delle concerie medievali con il loro odore pungente e le enormi vasche di pietra piene di pigmento e le pelli stese ad asciugare una dietro l’altra. Ancora oggi si impiegano quei processi utilizzati nel XVI secolo, quando la città si impose come leader nella loro produzione, nel trattamento di pelli di mucca, cammello e capra. Veniamo poi portati al di fuori del caos in direzione delle vecchie mura che circondano ancora la città vecchia e, dall’alto, da quella balconata naturale, ci rendiamo conto della grandezza e di come siamo semplici formiche nel grande melting  pot della vita. Cominciamo a sentirci stranamente leggeri, noncuranti di quello che possono essere i restanti giorni. Ed è lì che si scopre la verità. La verità è la stessa medina, dove a ogni angolo si presentano vecchie costruzioni, vecchie tradizioni e vecchie abitudini. Il popolo è il vero attore di questo enorme teatro dell’improvvisazione, unico nel suo genere, senza copione o dietro le quinte e dove il baratto è radicato fortemente, un continuo vendere e comprare, per cui niente è immutabile ma tutto è commutabile. Se entri all’interno di queste mura ma soprattutto nella mentalità, ne uscirai con un master in economia, pronto a fare affari a cuor leggero. Follia troverà pace solo attraverso un tappeto di pregiata bellezza (molto forte anche l’industria tessile con lavorazione del cotone e della lana) dopo aver trattato per mezza giornata e aver bevuto almeno un litro di tè alla menta, Ferro troverà la paura dal momento che ha rischiato di barattare la propria catenina solo perchè si era perso nel labirinto contorto della città. Fès difficilmente perdona l’ingenuità. Ma dopo ore ne saremmo usciti pratici e con le tasche svuotate e le prime titubanze e paure si commuteranno in piacevoli e leggere sicurezze. Se fino ad adesso avete avuto la pazienza di leggere noterete che ogni città ci ha posto di fronte a degli ostacoli e ogni volta li abbiamo superati e questo, allora, cominciò a elettrizzarci come non mai, la mentalità si trasformò totalmente. Eravamo al punto di non ritorno ed eravamo pronti (metaforicamente) a morire…

 

Giacomo Tridenti