Figure ancestrali, dee contemporanee vestite di bianco, attiviste e proto-femministe: l’ideale in rosa dell’Haute Couture di Dior è il ritratto fedele della donna di Adriana Caravero. Maria Grazia Chiuri, tra tuniche leggere e mini dress velati, recupera dalle pagine della storia la mitologia classica, riscoprendo in Penelope il più antico simbolo del femminismo moderno. Una collezione, preceduta da una rilettura delle opere classiche e del costume dei suoi personaggi, che riveste la donna del presente di bianco, carico di un nuovo significato: assenza come resistenza.

Dior Haute Couture: dal recupero della mitologia classica ai simboli della cultura ellenica

Dior Haute Couture 2024 - Photo Credits elle.fr

Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior dal 2016, legge Nonostante Platone dell’autrice Adriana Caravero, e scopre una regina proto femminista, non più paradigma di castità e devozione, ma di emancipazione e autonomia. Una coppia di parole che, tra mille ricami e velature, si intesse sul corpo esile delle modelle, interpreti di una giovane Penelope che tesse e disfa, distruggendo l’immagine della donna rinchiusa nelle mura domestiche, ‘’ritagliando per se un tempo ed un luogo imprevisti e impenetrabili’’ come scrisse la Caravero nel 1990. Ma perché proprio Penelope? Perché è il ritratto fedele dei principi femminili, innati in ogni donna, che antepone il sentimento verso il prossimo al suo, consolidando l’idea della donna non come incapace di scegliersi, ma come dedita sostenitrice della purezza emotiva, nello show espressa dal bianco, una tinta totalitaria che spesso si interpreta, con leggerezza, come ‘’vuoto’’. ‘’Il mio impegno è dato dal rivisitare gli antichi ragionamenti occidentali da degli occhi femminili soggettivi’’ dice la studiosa italiana all’apertura dello show, con un video tesser che preannuncia una nuova battaglia intrapresa dalla Chiuri contro il patriarcato, ed è in questa dichiarazione che si incontra il lavoro delle due, dando vita ad un processo creativo che rende l’abito carta sulla quale scrivere della donna, della sua indipendenza, e del suo diritto a ‘’volersi’’ e non ad appartenere.

La collezione: storia e modernità

Dopo la Cruise, presentata a Mumbai, l’Haute Couture è il continuo di una narrazione ambientata in una foresta, realizzata dall’artista Marta Roberti in collaborazione con la Chanakya School of Art, dove la donna è protagonista. Abiti leggeri, lunghi veli alternati a completi in seta foderata bianca, e rari accessori che quasi scompaiono nella scenografia, la collezione si muove tra richiami classici, alla cultura ellenica, come le tuniche lavorate in vita, gli abiti a colonna con long coat conservatori volti a nascondere e proteggere il corpo, abbinati a sandali bassi che riproducono gli antichi ‘’pedîlon’’, e accenni di modernità apparsi in forma di giacche strutturate e gonne lunghe lievemente sovradimensionate. Un sapiente linguaggio del panneggio che immagina la femminilità adorna di tessuti intagliati, semplici. ‘’La semplicità è la più complessa delle creazioni’’ spiega la Chiuri su Instagram, giorni prima dello show, lasciando intendere un ritorno alla linearità. Ma quest’ultima non deve essere letta come una rinuncia, ma come una consapevolezza, un desiderio di ordine che si impreziosisce di applicazioni su tutta la lunghezza dei long dress, che ricordano la manualità artigiana dei sarti d’atelier che li applicano singolarmente a mano. Ma, dopo tutto, questa è l’Alta Moda, ed ogni abito è irripetibile.

L’attivismo di Maria Grazia Chiuri

Subito dopo lo show, nel backstage assalito da stampa e celebrity, Maria Grazia Chiuri non si sottrae a chi le chiede qualche parola sulla situazione parigina, e sulla decisione della Camera della Moda di Parigi di non cancellare gli appuntamenti. ‘’Vedo tutti questi giovani arrabbiati. La libertà non si ottiene con la violenza, ma con l’integrazione, e l’abito, il costume è un grido ben più potente di un gesto violento’’ ripete la designer, in un discorso che vira subito dopo sul suo settore di competenza, la moda, e di come questa possa contribuire:

‘’la moda è un industria che da lavoro a una grande quantità di persone. Questo resta un periodo impegnativo per tutti, ma sospendere il tempo non serve, sospendere l’Haute Couture non contribuisce a sanare lo scontento sociale, ma la programmazione collabora nella costruzione di un nuovo futuro’

La Chiuri spiega che una soluzione a quello che si sta svolgendo per le vie cittadine è la conoscenza, l’istruzione come strumento di inclusione, e a questo si uniscono le sue parole: ‘’sarebbe riduttivo cercare di comprendere Dior solamente visitando i suoi archivi. Dior non è solo una maison, ma uno dei simboli della cultura di questo Paese’’. Non a caso per questa collezione Maria Grazia Chiuri riprende una lezione alla Sorbona di Christian Dior, quando aveva detto che i suoi abiti erano simili a quelli dell’antichità, perché accomunati dalla stessa ‘’apparente semplicità’’. Il proto-attivismo (e femminismo) della nuova femminilità di Dior è un invito ad agire, ma con consapevolezza e misura, così come la collezione che dietro un’immagine quasi sommessa vive l’emancipazione ottenuta in anni di battaglie di genere. ‘’Lo so, gli abiti sono così delicati che in foto quasi non si vedono. Ma a me importa che si sentano quando li si indossa’’ precisa la direttrice creativa, chiudendo un dibattito tra moda e sociale, che non si regge sull’esibizione ma sull’agire.

Luca Cioffi

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